Buche stradali, la mappa italiana: come farsi risarcire in caso di incidenti

Sono una minaccia per i cerchioni e per le sospensioni delle nostre automobili. Se siamo in moto, rischiano di farci cadere. Se siamo a piedi, di provocarci qualche dolorosa lussazione alla caviglia. Le rare volte in cui l’amministrazione provvede, i cantieri provocano ulteriori disagi. Sono le buche nell’asfalto. Una emergenza tutta italiana, metafora della cattiva politica nonché della mala gestio degli appalti.

VERSO UNA LUNGA BATTAGLIA. Se ne aprono in continuazione, a volte si trasformano in voragini capaci di inghiottire file di macchine che sprofondano nel sottosuolo. Chi ci finisce dentro e si fa male deve iniziare una lunga battaglia legale per avere un risarcimento che forse non arriverà mai, perché le casse dei Comuni sono vuote e la giurisprudenza prevalente non è dalla parte del cittadino.

1. Geografia di uno Stato bucherellato: a Roma interessato il 93% delle strade

Le più famose sono quelle capitoline, capaci di fare inciampare sul problema intere amministrazioni. Ma, in realtà, i crateri si stanno aprendo un po’ ovunque. Da Como a Palermo, passando per Firenze e Bologna, senza saltare Torino e Napoli. Non esiste un censimento delle buche, quando va bene le amministrazioni si limitano a tenere un registro delle tratte pericolose, poi intervengono installando un cartello di pericolo che consenta di manlevarsi da ogni responsabilità in caso di incidente.

IMPOSTO IL LIMITE DEI 30 KM/H. Tutte le strade portano a Roma, dicevano gli antichi. Tutte le buche si aprono a Roma, dice oggi il Codacons, secondo cui il 93% delle strade della Capitale presenta almeno una buca. La quasi totalità. Al 31 dicembre 2016, le pratiche pendenti dei romani che chiedevano di essere risarciti per incidenti causati dalla cattiva manutenzione dell’asfalto o dei sampietrini erano, in totale, 5.188. La sindaca Raggi è intervenuta imponendo il limite di 30 chilometri orari nelle tratte più malmesse, ma non basta.

2. I motivi dell’asfalto groviera: c’è molto meno del bitume richiesto

Ma perché le strade italiane hanno più buchi del groviera? Le amministrazioni adducono le scuse più disparate: quando piove è colpa della pioggia, quando fa caldo del sole, quando fa freddo del ghiaccio, ma in realtà il clima c’entra poco: esistono nazioni che devono vedersela con temperature più estreme delle nostre.

GIÀ 450 ROMANI HANNO RECLAMATO. Codacons nei ha fatto analizzare alcuni campioni di asfalto prelevati a Roma e ha scoperto che la percentuale di bitume è pari al 3,97%: un dato ben al di sotto dei limiti di accettazione Anas che vanno dal 4,5 al 6,1%. Questo nonostante l’amministrazione capitolina abbia appena investito 17 milioni per mettere le toppe alle vie più trafficate. È servito a qualcosa? Parrebbe di no, perché, dall’inizio del 2017 a oggi sarebbero già 450 i cittadini che hanno bussato alle porte del Campidoglio per chiedere un indennizzo.

3. Guai economici: le casse dei Comuni sono vuote

Nonostante per legge (articolo 208 del decreto legislativo 285/1992) il 50% degli introiti delle multe stradali sia destinato alla manutenzione delle carreggiate e nonostante il fatto che nel 2016 i proventi da infrazioni al codice della strada abbiano fatto registrare un +45,6% rispetto all’anno precedente, per un importo complessivo pari a 1,7 miliardi di euro, quando si parla di buche nell’asfalto i Comuni alzano le mani e danno la colpa alle loro casse perennemente vuote.

DOVE FINISCONO I SOLDI DELLE MULTE? Purtroppo è vero: secondo la contabilità dell’Ifel, l’Istituto per la finanza locale che fa capo all’Associazione nazionale dei Comuni (Anci), a metà 2017 le amministrazioni in dissesto o pre-dissesto erano 163: ogni 12 giorni un gonfalone verrebbe tristemente ammainato per mancanza di soldi. Eppure, anche l’European Transport Safety Council ha rilevato che, tra il 2010 e il 2015, nel nostro Paese si è registrato il maggior incremento di multe per eccesso di velocità di tutto il Vecchio continente, pari al 15%. Dove finiscono quei soldi?

4. Il conto: per appianare i crateri in tutta Italia servirebbero 40 miliardi

Secondo Siteb, l’Associazione bitume asfalto strade, per colmare tutte le buche del Paese occorrerebbe un piano straordinario da 40 miliardi. Si tratta di una cifra impensabile che aprirebbe altri tipi di voragini nel nostro bilancio se pensiamo che le finanziarie più dolorose avevano un importo pari, circa, alla metà.

CONGLOMERATI DI ASFALTO DIMEZZATI. Non solo: sempre secondo Siteb, oggi si userebbero 22 milioni di tonnellate di conglomerati di asfalto all’anno: la metà esatta del 2006.

5. Incidenti: più di uno su due è causato dal dissesto delle strade

Da tempo Aneis, l’Associazione nazionale esperti infortunistica stradale, sostiene che più della metà degli incidenti sia causato dalla scarsa manutenzione delle nostre vie di comunicazione. Ma come deve comportarsi chi inciampa in una mattonella sconnessa del marciapiede? O chi, a cavallo della propria motocicletta, ha un sinistro causato dal tentativo di evitare una buca? O, ancora, chi lamenta danni alla propria vettura causati dal dissesto dell’asfalto?

LA PAROLA PASSA ALL’AVVOCATO. Lettera43.it si è rivolta all’avvocato Andrea Brunelli del Foro di Genova: «Le buche ricadono in diritto sotto la locuzione “insidia e trabocchetto” che ricomprende le situazioni di pericolo caratterizzate dall’elemento oggettivo della non visibilità e da quello soggettivo dell’imprevedibilità».

6. Risarcimento: si può adire l’Autorità giudiziaria

«Chi è incorso in un incidente, sia alla guida di un mezzo sia a piedi, e ritenga di aver patito un danno riconducibile a un difetto di manutenzione o cura della strada, o del marciapiede, può tentare di ottenere un risarcimento da parte del Comune o dell’Ente proprietario/gestore del luogo dove è accaduto il fatto», spiega Brunelli.

PROCEDURA DI NEGOZIAZIONE. «Se non si raggiunge un accordo, come spesso accade per il rigetto del sinistro da parte dell’assicurazione, il cittadino può adire l’Autorità giudiziaria, dopo aver esperito, se il valore dei danni lamentati è inferiore a 50 mila euro, anche la procedura di negoziazione assistita fra avvocati».

7. Imprevedibilità: bisogna dimostrare che non si sapeva dell’esistenza della buca

«Il presunto danneggiato deve provare le conseguenze dannose patite e il nesso di causalità fra il sinistro e i danni lamentati, senza avere l’obbligo di dimostrare la colpa della Pubblica amministrazione, la quale, però, se dimostrerà che non vi era imprevedibilità, o che non era materialmente possibile porre immediatamente in sicurezza la zona, pensiamo a un incidente derivante da una chiazza d’olio appena versata da un camion cisterna, potrà essere esentata da responsabilità», sottolinea il legale.

DIFFICILE SE IL LUOGO È CONOSCIUTO. «Il problema per chi agisce in giudizio sta proprio in questo concetto di imprevedibilità: spesso, i magistrati ritengono che se il luogo del sinistro è conosciuto dal danneggiato, o perché vicino alla sua abitazione o perché vi passa ogni giorno, costui dovrebbe adottare particolare attenzione al fine di salvaguardare la propria incolumità».

8. Prove di cui munirsi: fotografie, filmati e testimonianze

«Qualora il danneggiato provi che il difetto di manutenzione abbia generato una insidia, nel senso descritto, allora deve essere affermata la responsabilità della Pa, pur senza che ne sia dimostrata una specifica colpa. Essa infatti si presume, salva la prova contraria di non aver potuto rimuovere la situazione di pericolo nonostante un adeguato sforzo di diligenza».

MA LA STRADA È IN… SALITA. E su quali prove è meglio fare affidamento in giudizio? «Ricordarsi di scattare fotografie o fare filmati, anche con il proprio cellulare, del luogo in cui si è verificato il fatto e della buca “responsabile” dell’incidente. Molto importanti anche le testimonianze, utili a provare l’accaduto (ora e luogo del sinistro, circostanze atmosferiche che possano incidere sulla pericolosità – pensiamo alla pioggia o alla nebbia). Comunque», conclude l’avvocato Brunelli, «visto l’orientamento giurisprudenziale sempre più restrittivo di alcuni tribunali, siamo di fronte a una strada in salita, e parecchio dissestata, per l’utente».