Corea del Nord, il Pentagono: «Se Kim usa la bomba atomica, reagiremo massicciamente»

Le tensioni tra gli Stati Uniti e la Corea del Nord continuano ad aumentare. Ad alzare i toni è stato nelle scorse ore il segretario alla Difesa americano, James Mattis: se la Corea del Nord utilizzasse un’arma nucleare, ha detto, si troverebbe di fronte «una risposta militare massiccia». «Non si sbaglino: qualsiasi attacco contro gli Stati Uniti o contro i nostri alleati», ha detto Mattis, che è a Seul, «riceverà una risposta militare massiccia, efficace e travolgente».

Corea del Nord: missili e colombe, la propaganda del regime

Le portaerei

Nel corso dell’ultima settimana, i segnali di una «escalation» delle minacce sono stati molteplici. Come raccontato qui, tre portaerei americane sono state inviate nel Pacifico: uno show di forza rivolto a Corea del Nord e Cina, in previsione della visita di Donald Trump nella regione. Con una serie di comunicati separati, l’Us Navy ha segnalato l’arrivo nel «teatro» asiatico della Roosevelt e della Nimitz, con una robusta scorta al seguito. Gruppi d’attacco che su uniscono a quello della Reagan, basata in Giappone e impegnata nelle recenti esercitazioni insieme agli alleati.

I bombardieri B52

Per la prima volta dalla Guerra Fredda, poi, il Pentagono avrebbe messo in allerta costante i suoi bombardieri strategici e pronti all’uso. A rivelarlo, in un’intervista a Defense One, è stato il capo di Stato maggiore dell’aviazione David Goldfein; la news ha destato molta attenzione, ma è stata poi corretta, con ritardo, dalla stessa Air Force Usa che ha parlato di informazione «non accurata». Tre le ipotesi: l’ufficiale si è sbagliato; ha bruciato le tappe; è stato un modo per far passare un messaggio rivolto all’esterno.

I segnali di guerra

Insomma: quelli che, nel gergo dell’intelligence, si chiamano «I&W» — indications and warnings, indicazioni e allarmi che segnalano l’imminenza di una guerra — sono aumentati, e molto ( ne avevamo scritto qui, in dettaglio): missili da crociera, aumento delle scorte di munizioni, manovre e spostamenti. Andrei Lankov, direttore del Korea Risk Group, ha detto al sito specializzato NK News di aver appena avuto colloqui con ex funzionari di Washington secondo il quali «la probabilità di attacchi mirati americani attualmente sia tra il 20 e il 30 per cento mentre la possibilità che queste azioni portino a una guerra su vasta scala al 50% attualmente». Tutto questo, sempre che Kim, vedendosi o credendosi minacciato direttamente nella sopravvivenza sua e del regime, non decida una mossa disperata. Sarebbe la «miscalculation», l’errore di calcolo o di interpretazione delle mosse dell’avversario che può portare a una guerra non voluta.