Entrare a scuola alle 10 migliorerebbe il rendimento? Un esperimento a Brindisi

A scuola alle 10 anziché alle 8 (succede in molti istituti superiori) o alle canoniche 8,30. Il sogno di ogni studente, certamente di tanti genitori costretti alle corse in macchina la mattina per accompagnare la prole, proprio nell’ora di punta del traffico. Ma cominciare le lezioni due ore dopo potrebbe produrre anche effetti positivi sull’apprendimento e il rendimento scolastico degli stessi studenti?

All’Istituto superiore Ettore Majorana di Brindisi si sono posti la domanda e – in alcune prime classi – hanno deciso di cercare una risposta. Da settembre partirà l’esperimento. La decisione è presa, il 23 e 24 gennaio, scrive il Corriere della Sera, il professor Luigi De Gennaro, ordinario della Sapienza, sarà ospite della scuola per parlare a studenti e professori dei vantaggi del posticipo dell’orario scolastico. Una data non casuale, visto che studenti e famiglie dovranno entro il 6 febbraio scegliere la scuola secondaria a cui iscriversi, e l’orario di ingresso potrebbe essere una variabile interessante.

“Coinvolgeremo tutti, enti locali e famiglie — spiega al Corriere il preside del Majorana, Salvatore Giuliano — ma sicuramente da settembre avremo le prime classi con orario di entrata spostato in avanti. Dopo anni di sperimentazione di metodologie didattiche che puntano ad andare incontro alle esigenze degli studenti, il nostro non è un punto di partenza, ma di arrivo”.

Gli studi che dimostrano quanto dormire di più e più a lungo produce effetti positivi sulla salute dei ragazzi si sono moltiplicati negli ultimi tempi. Il Centro americano per il controllo delle malattie afferma infatti che gli adolescenti dovrebbero dormire tra le 8,5 e le 9,5 ore per notte. Gli adolescenti costretti a sedere ai banchi prima delle 8.30sono più a rischio depressione e ansia. Ne sono sicuri i ricercatori della facoltà di Medicina dell’università di Rochester, nello stato di New York. E non importa se i ragazzi rispettano tutte le norme di buona condotta, come ad esempio spegnere lo smartphone un’ora prima di andare a letto: la pressione esercitata dalla dalla campanella che squilla troppo presto disturba il sonno e aumenta i rischi di sviluppare disordini mentali. “Al contrario, le lezioni che iniziano dopo le 8.30 rappresentano un fattore protettivo per i teen-ager”, ha spiegato nel paper Jack Peltz, professore di psichiatria e autore dello studio. Figuriamoci se il sonno può proseguire fino a oltre le 9.

I ricercatori di Rochester hanno monitorato per più di una settimana le abitudini degli adolescenti, la qualità del sonno e la sua durata, dividendo le ‘cavie’ in due gruppi, a seconda che le lezioni inizino prima o dopo le 8.30. E secondo un rapporto del 2015 del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, la campanella suona dopo le 8.30 solo per un ragazzo su 5. Questo perché storicamente, i distretti scolastici hanno rivisto gli orari in modo da allinearli alle esigenze lavorative dei genitori e di integrarli con le attività del dopo-scuola. Ma c’è di più, lo studio associa la mancanza di riposo a rischi ancora più gravi per la salute, prima fra tutte l’obesità, e la tendenza a sviluppare abitudini dannose, come l’assunzione di alcol e droghe.

Stessa valutazione hanno fatto a Oxford È a questi studi che l’Università ha deciso di dare seguito, scegliendo recentemente di provare  ad applicare praticamente le teorie e coinvolgendo  100 scuole inglesi nel progetto Teensleep (lo racconta Wired). Lo studio monitorerà  il rendimento, la divisione del tempo libero e dello studio all’interno di classi delle scuole superiori che sposteranno l’ora di ingresso a scuola dalle 8.00 alle 10.00. I risultati della sperimentazione saranno poi  proposti  come modello.

L’esperimento di  di Brindisi sarà un ulteriore test per dimostrare come entrare alle 9.30 o alle 10, rispettando gli orari dei ragazzi e delle ragazze che difficilmente vanno a dormire prima delle undici di sera, possa migliorare le performance, scrive ancora il Corriere: saranno gli stessi studenti a condurre una ricerca, nell’ambito della scuola lavoro, per capire gli effetti della sperimentazione su se stessi e i compagni.