La birra: un potente antitumorale

La birra, tra le bevande prodotte dall’uomo, è una delle più antiche; la sua origine viene fatta risalire almeno al quinto millennio a.C., tra le popolazioni sumere ed egizie. Si tratta di una bevanda moderatamente alcolica – a causa degli zuccheri, fermentabili dai lieviti, contenuti nel suo mosto – prodotta con malto (principalmente d’orzo), acqua, luppolo e lievito.
Numerose sono le proprietà benefiche per l’organismo riconosciute alla birra, tra le quali quelle antiossidanti e digestive; a queste, secondo una recente ricerca italiana, va aggiunta la capacità di contrastare l’angiogenesi, ossia il meccanismo che sta alla base della proliferazione dei tumori.

Lo studio – condotto dall’IRCCS MultiMedica di Milano, dall’Università di Pisa e dall’Università dell’Insubria di Varese – si è concentrato sullo Xantumolo, molecola contenuta nel luppolo della birra che parrebbe in grado di inibire la proliferazione delle cellule tumorali, affamandole: oss

mug of beer on wooden table


ia bloccando il meccanismo attraverso cui tali cellule si procurano l’ossigeno di cui hanno bisogno per diffondersi nell’organismo. In realtà i ricercatori si sono soffermati su due derivati dello Xantumolo, i quali esplicherebbero un’azione anti-angiogenica ancora più efficace rispetto al principio naturale.
L’obiettivo dello studio, pubblicato sullo European Journal of Medicinal Chemistry e durato  ben quattro anni, era invero quello di sperimentare sostanze analoghe allo Xantumolo, che potessero essere utilizzate come chemiopreventivi efficaci, alternativi e a basso costo. Nei test effettuati è stata evidenziata una capacità di riduzione dell’angiogenesi, da parte delle nuove sostanza sperimentate, addirittura dell’80per cento. I ricercatori dichiarano che i derivati neo-sintetizzati analizzati sono risultati particolarmente efficaci nell’interferire con funzioni chiave della cellula endoteliale – il mattone fondamentale che costituisce i vasi sanguigni tumorali – quali: la proliferazione, l’adesione, la migrazione, l’invasione e la formazione di strutture simil-capillari.
Il prossimo passo sarà quello di testare i più attivi derivati del luppolo in modelli cellulari complessi, per individuare i principali interruttori molecolari coinvolti nel loro effetto anti-angiogenico e anti-tumorale come possibili bersagli da colpire, sia in approcci terapeutici sia di prevenzione.