La vivibilità delle città italiane scritto da Giuseppe Battista

Capita spesso, per i più diversi motivi, a pensare di trasferirsi in un’altra città, che sia per ragioni familiari, lavorative o più semplicemente in momenti di insofferenza ai difetti del proprio luogo di residenza/d’origine, bisogna valutare al meglio dove mettere le tende. Tralasciando il discorso relativo ai trasferimenti in paesi esteri, la classifica de Il sole 24 ore, stilata annualmente da 25 anni (http://www.ilsole24ore.com/speciali/qvita_2016_dati/home.shtml), indica sulla base di vari parametri la qualità di vita delle province italiane ed in tal caso può essere un valido supporto ad una decisione così importante, laddove si voglia prendere concretamente. La classifica prende in considerazione sei parametri fondamentali quali: reddito e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, demografia, giustizia e reati ed infine cultura e tempo libero. Sebbene ogni parametro presenti una classifica diversa dalle altre, la classifica finale indica il posizionamento complessivo considerando tutti i parametri analizzati. E il risultato è (quasi) quanto c’è di scontato da aspettarsi: le province del nord e del centro-nord occupano le posizioni più alte a fronte di quelle meridionali che si piazzano fanalino di coda. Occupano le prime dieci posizioni, nell’ordine: Aosta, Milano, Trento, Belluno, Sondrio, Firenze, Bolzano, Bologna, Udine e Trieste, luoghi che devono molto della loro vivibilità alla grande presenza di lavoro ed imprese (Milano ad esempio ma anche Trento), alla cultura (Firenze) e alla relativa tranquillità in termini di reati (Sondrio e Bolzano ad esempio). Le ultime dieci posizioni sono invece occupate dalle province di: Cosenza, Foggia, Salerno, BAT, Taranto, Crotone, Napoli, Caserta, Reggio Calabria ed infine Vibo Valentia, che presentano i soliti, e mai affrontati a dovere, problemi occupazionali, di legalità e legati ai servizi, che caratterizzano il meridione. Ma oltre all’aspetto legato a quanti punti può fare un luogo in una classifica, molti possono essere anche i motivi personali e sociologici così come osservato negli ultimi venti anni. I cambiamenti dell’economia globale hanno portato ad un’inversione di tendenza rispetto al secolo scorso: mentre i flussi migratori dal boom economico in poi riguardavano spostamenti da piccoli centri agricoli e marittimi a grandi città industriali e di servizi, oggi si assiste ad un’emigrazione sempre più netta dai grandi centri, di cui molti lamentiamo disagi e caos, alle città medie o medio-piccole, più accoglienti ed ordinate e che offrono opportunità lavorative da non sottovalutare, legate perlopiù allo spostamento delle attività economiche dalle grandi città ad aree più piccole.