Spesso dunque l’uso dei social avviene senza una “rete di sicurezza”: se infatti il 57% degli intervistati (un campione di 1.500 studenti in Lombardia, Lazio e Campania) utilizza un profilo “privato”, i cui contenuti cioé non sono visibili agli estranei, c’è un 40,3% che ha un profilo pubblico, e il 2,7% è inconsapevole, non ricorda. Le informazioni personali condivise sul profilo includono il proprio volto nel 73% dei casi, foto e video personali (72%), il cognome (64,7%). Quasi la metà condivide anche la scuola frequentata. Un po’ più di riservatezza la si ha rispetto al proprio numero di cellulare (che pure è condiviso dal 19%) e all’indirizzo di casa (9,1%).
I pericoli sono di varia natura: il 27,8% dei ragazzi ha risposto che nell’ultimo anno ha sperimentato una forma di bullismo, il 20% ha ricevuto messaggi sessuali, il cosiddetto sexting, e circa il 5% si è accorto che qualcuno aveva creato un proprio profilo falso, il 13,6% ha trovato online foto che non voleva fossero pubblicate. La ricerca si è focalizzata anche su comportamenti a rischio, concludendo che un pò di accortezza riduce i pericoli, ma non li elimina: coloro che impostano il proprio account in modalità “pubblica” hanno circa il 10% di probabilità in più di sperimentare bullismo, sexting, e abuso i dati personali, mentre comportamenti più prudenti nella gestione della privacy riducono la probabilità di andare incontro a rischi, anche se non la annullano completamente.