Berlusconi: “Davanti ai grillini la gente si sente come gli ebrei all’apparire di Hitler”

«In Italia sta succedendo qualcosa di pericoloso. C’è una formazione politica che non credo si possa definire un partito democratico. Delle persone mi hanno detto di sentirsi come gli ebrei all’apparire del partito di Hitler». Ogni riferimento al M5S è puramente voluto. E così un’altra palata di terra cade sul tumulo di un governo fra il centrodestra e Adolf Di Maio.

E dire che Silvio Berlusconi era venuto fin quassù, sui monti al confine sloveno, per celebrare un 25 Aprile non polemico, pacificato e pacificatore, da padre o da nonno della Patria. La scelta di Porzus non è casuale. Qui 17 partigiani bianchi della Osoppo furono assassinati da quelli rossi della Garibaldi, «la pagina peggiore della guerra partigiana», dice Berlusconi. Ma, forse perché per una volta legge e non improvvisa, cerca di volare alto. Il luogo si presta: è una piccola malga fra i boschi carica di ricordi tragici, solo alberi e lapidi, poca gente e tanto silenzio. Berlusconi omaggia i martiri, i «ragazzi dei Paesi alleati», ricorda chi combatté in buona fede dall’altra parte, che però era quella «sbagliata» e ha un pensiero per la Brigata ebraica: «Il fatto che oggi sia oggetto di contestazione vuol dire che l’antisemitismo non è affatto morto e che c’è chi non ha capito nulla del valore unificante della Liberazione».

Combattendo con un microfono imprevedibile, Berlusconi rivendica la Liberazione come festa di tutti, contro i tentativi annessionisti della sinistra, e propone di ribattezzarla Festa della Libertà, che è poi, citando Croce, «una religione». In filigrana, venendo a meno filosofici problemi, c’è spazio per l’ennesima apertura a un governo di larghe intese: «Una soluzione alla crisi non può tollerare veti e preclusioni, ma dev’essere rispettosa del voto degli italiani. Il linguaggio della politica non dovrebbe mai assumere toni livorosi e aggressivi». Morale: «L’odio, i veti, le preclusioni non sono da 25 Aprile».

Applausi. L’ex Cav riceve la medaglia commemorativa e si annoda il fazzoletto verde della Osoppo. Poi, purtroppo, riparla e straparla. Due aggiornamenti, intanto: della sua autobiografia, con il pestaggio subito a 12 anni, alle fatidiche elezioni del 1948, per aver coperto con dei manifesti della Dc quelli del Pci, «e che bello lo slogan “Nella cabina elettorale Dio ti vede e Stalin no”», risate e applausi; e dei colpi di Stato subiti dall’Italia, che adesso sono cinque, «a partire da quello di Mani pulite». Subito dopo, arrivano le micidiali frasette sui grillini. Volute o lapsus linguae? I berlusconologi dibattono, di certo queste voci dal sen fuggite raccontano quel che Silvio pensa davvero di loro.

Ovviamente, non fa a tempo ad arrivare ad Aquileia per un comizio con il candidato a governatore del Friuli, Massimiliano Fedriga, che la politica si ribella e il web ribolle. Matteo Salvini, che forse spera ancora di riprendere a dialogare con Giggino, è feroce: «Meglio tacere e rispettare il voto degli italiani che dire sciocchezze. Io voglio dare un governo all’Italia, sono stufo di insulti, capricci e litigi» (risponde a giro d’agenzia Renato Brunetta: «Per quanto riguarda le sciocchezze, che dire delle passeggiate su Roma alla vigilia del 25 aprile?»). Dal fronte grillino twitta l’europarlamentare Ignazio Corrao, tutto en finesse: «Berlusconi conferma la sua innata passione per i deliranti paragoni con il nazismo (e anche per le figure di m…, stile kapò a Martin Schulz). Avesse fatto la galera che meritava, forse avrebbe salvato un po’ di dignità per la vecchiaia».

Silvio, intanto, cerca di troncare e sopire.

Prima con un comunicato nel quale il suo staff spiega che si è limitato a riferire una frase «che chiaramente non appartiene al pensiero e al sentire del Presidente Berlusconi». E poi in prima persona, ad Aquileia: «Il mio discorso è stato di pacificazione, ho invitato gli italiani a unirsi. Ho fatto un discorso assolutamente contrapposto a quella frase. Non pensavo nemmeno venisse registrata», anche se per la verità l’ha detta davanti a una muraglia di microfoni. Sta di fatto che domenica in Friuli si vota e venerdì saranno in regione a chiudere la campagna Salvini, Berlusconi e Meloni. Ma il discorso uno e trino sul quale gli sherpa lavoravano da giorni non si farà. Comizieranno in ordine sparso.