Cari saggi tedeschi, qua nessuno è fesso

Quando un tedesco propone riforme per rafforzare l’Unione e ristrutturare i debiti sovrani, gli italiani farebbero bene a starne molto alla larga. È stato così quando alcuni saggi, non molto lungimiranti, proposero nel 2011 alla Cancelliera Angela Merkel di tornare al marco; fu ancora così, anni più tardi, quando, con la scusa del Redemption Fund per la condivisione di tutto il debito futuro, altri esperti auspicarono il commissariamento dei paesi dell’Euromed; lo è oggi, con le ultime uscite di alcuni economisti, presunti liberali.
Il tema in questione sulla carta è fin troppo condivisibile. Rivedere Maastricht con una nuova regolamentazione della spesa, creare le basi per un’ordinata ristrutturazione del debito dei Paesi sovraesposti, un nuovo fondo per aiutare quelli in difficoltà, e nuovi prodotti di investimento come alternativa ai bond. Sono queste, a leggere l’Ansa, alcune delle riforme presentate a Berlino, nell’ambito di un rapporto prodotto dalla collaborazione di economisti francesi e tedeschi. Figuriamoci. Sarebbe il miglior mondo possibile.
“L’Unione monetaria ha come prima consistenti debolezze e la sua architettura istituzionale e finanziaria è instabile”, si legge nel dossier, e le riforme, “piuttosto ambiziose”, e prevedono anche un cambiamento dei trattati, cosa peraltro che sulla carta vogliono tutti, da Varoufakis e Schauble. Si tratta però di vedere come.
In meglio, liberando risorse per investimenti pubblici e a favore della creazione di lavoro (Patto di stabilità e crescita, ricordate?) o in peggio, con un ministro delle Finanze a controllare i conti degli altri (noi italiani, greci e spagnoli).

Il testo, sembra virare sulla seconda ipotesi, almeno sulla base delle prime anticipazioni, pur essendo frutto del lavoro di ben 14 economisti, francesi e tedeschi. Sei sono gli ambiti citati dal dossier. Innanzitutto, “il completamento dell’unione bancaria”, con la previsione di un deposito comune di garanzia. Evviva. Viene proposta anche l’introduzione della cosiddetta “sovereign concentration charge”: nel caso in cui la quantità di bond di un paese sia dominante nel bilancio dell’istituto, si spiega, alla banca verrà richiesto di aumentare il proprio capitale. Male, molto male. Per le nostre banche. Tutto ciò servirebbe per interrompere il rapporto di reciproca dipendenza fra stati e banche, aggiungono i riformatori. Malissimo, per l’Italia, che dipende ancora troppo dal debito che proprio gli istituti di credito comprano.

Al secondo punto si propone “una nuova regola di spesa”, al posto del criterio di Maastricht, che limita il deficit al 3%. Non consente abbastanza flessibilità in tempi di crisi, ragionano e come dargli torto. Peccato che a sorvegliare il rispetto della regola del rapporto deficit-Pil, che oggi è così invasiva da impedire alle scuole di comprare la carta igienica, ci sarebbero dei “consigli nazionali di bilancio”, sottoposti al controllo di un ente europeo indipendente. Sicuramente a guida francese o tedesca, non certo italiana.
Se la regola non venisse rispettata, gli Stati dovrebbero poi pagare i debiti in eccesso attraverso l’emissione di accountability bonds. Fine vera per il Belpase, costretto a fare debito su debito.
Gli economisti suggeriscono poi di prevedere le basi per “una ristrutturazione ordinata dei debiti”, per paesi che “non possano ripristinare la loro solvibilità attraverso crediti di sostegno condizionati”. Forse pensano alla Grecia, fallita da tempo, ma temono l’Italia. Che mai fallirà ma qualcuno a Berlino vuole ridimensionata.

Quindi, si va avanti nella controriforma europea con la creazione di un fondo di investimenti, per sostenere paesi che fossero colpiti “da grandi crisi economiche”. Ma non c’è già il salva-Stati?

Il documento cita poi nuovi prodotti di investimento dell’euro “come alternativi ai Bonds”, gli “EsBies”, “che però non sono eurobond”, si specifica, “e non prevedrebbero alcuna mutualizzazione del debito”. Ecco, appunto: a cosa servono se non si arriva ad un Tesoro unico che emetta debito unico?

Infine, gli economisti che si spera non vengano mai prestati alla politica, prevedono una modifica delle funzioni dell’Eurogruppo, con un raccordo fra la sua presidenza e la Commissione Ue, e la creazione di un nuovo ente che dovrebbe assorbirne la “facoltà di controllo”.

In sintesi, fuori i burocrati di Bruxelles, dentro i panzer tedeschi. Il tutto magari redatto appositamente nel prossimo accordo che i parlamenti francesi e tedeschi sigleranno lunedì 22 gennaio per celebrare a dovere il Patto dell’Eliseo.

Bertold Brecht ci ha insegnato che la storia è orrenda senza humour. In questo caso, queste proposte non strappano nemmeno un sorriso per quanto sono palesemente di parte, versante Nord Europa. Aiuta l’anonimo napoletano, comprensibile anche in Pomerania: acca’ nisciuno è fesso.