Come ha fatto Apple a passare in 20 anni dal quasi fallimento alla valutazione di un trilione

Vent’anni fa, Apple stava per fallire. Oggi è diventata la prima compagnia della storia con una capitalizzazione oltre i 1000 miliardi di dollari. Nel 1997, Steve Jobs, dopo un esilio lungo oltre dieci anni, era rientrato nella sua Mela. Come confermerà più tardi, c’è stato un momento in cui Apple aveva in cassa risorse che l’avrebbero tenuta in vita per appena 90 giorni.

Anno 1997. Il ritorno di Steve Jobs

Jobs accetta il sostegno del nemico, firmando un accordo con Microsoft che porta a Cupertino un investimento da 150 milioni di dollari. Il nuovo corso di Apple è iniziato, tagliando i rami secchi (cioè i progetti costosi ma privi di risultati commerciali) e puntando su nuovi prodotti.

La svolta arriva con l’iMac: colorato e con linee arrotondate, nasce dalla matita di Jonathan Ive. Cioè dal designer padre dell’iPhone. Vende 800.000 unità in cinque mesi. Nel 1998, il fatturato (5,9 miliardi di dollari) è ancora la metà rispetto a quello del 1995. Ma la società torna a produrre utili. Che quasi raddoppiano (a 601 milioni) nel 1999.

È l’anno dell’iBook. La società è tornata solida. Dopo aver ricostruito la base finanziaria, Jobs decide di prendersi qualche rischio in più. Nel 2001 incastra tre pezzi fondamentali del puzzle Apple. Nascono gli Apple Store, oggi divenuti piazze dell’innovazione nelle più importanti città del mondo.

Esordisce l‘iPod, che combina un impatto sul modo di fruire la musica con quel design essenziale che si noterà anche nei dispositivi successivi. E arriva iTunes, un negozio di musica che contribuisce a cambiare l’industria dei contenuti. È in questo periodo che nascono le presentazioni liturgiche di Jobs, quelle in jeans e lupetto nero.

L’offerta si diversifica, con diversi tipi di iPod, nuovi Mac mossi da processori Intel. Nel 2006, il valore della azioni Apple si è decuplicato rispetto al 1997. La capitalizzazione della società supera quella di Dell, produttore statunitense di pc allora quotato.

Anno 2007. Arriva l’iPhone, e i ricavi volano

Il cambio di passo definitivo arriva nel 2007. A dieci anni esatti da quella bancarotta sfiorata. Tanto per cominciare, la società cambia nome: da Apple Computers Inc., semplicemente ad Apple Inc. Non è solo marketing: la Mela ha smesso di essere solo un produttore di computer. Anzi, svela il prodotto sul quale si reggerà il bilancio per i lustri a venire. E non è un pc ma uno smartphone. Si chiama iPhone, viene presentato il 9 gennaio 2007 e arriverà in commercio all’inizio dell’estate successiva.

L‘iPhone è stata la leva che ha sollevato i bilanci di Apple. Nell’ultimo trimestre precedente al lancio (chiuso a giugno 2007), il fatturato di Cupertino era di 24,5 miliardi di dollari. Il gruppo sta crescendo, ma a ritmi più contenuti rispetto a quelli che avrebbe registrato nel decennio successivo.

L’arrivo dell’iPhone ha moltiplicato giro d’affari e utili. Nel 2007, vende 1,39 milioni di unità, generando 123 milioni di dollari. Nel 2008 (il primo anno nel quale la commercializzazione copre 12 mesi) lo smartphone incassa 1,84 miliardi di dollari. Una porzione ancora limitata dei 37,5 miliardi del gruppo. All’epoca, la Mela fattura ancora poco più della metà di Microsoft. Esordisce anche l’App Store.

2011. Arriva Cook, gli smartphone fanno metà fatturato del gruppo

Tra il 2009 e il 2010 si accelera, grazie agli iPhone 3G, 3GS e iPhone4. Nel primo trimestre del 2009 il melafonino genera 2,9 miliardi di dollari e costituisce già un quarto del fatturato di gruppo. Ma è solo l’inizio di un percorso comune, che legherà sempre di più le sorti di Cupertino con quelle del suo prodotti di punta.

Nel 2010, anno in cui arriva anche l’iPad, gli iPhone venduti sono 40 milioni, quasi 4 volte le unità del 2008. Cifra che si triplicherà nei successivi due anni. Il fatturato dello smartphone tocca i 25,1 miliardi, pari al 38% di Apple (65,2 miliardi di dollari). È l’anno del sorpasso: la Mela fattura più di Microsoft. Con la nomina di Tim Cook a ceo (nell’agosto 2011) i numeri crescono ancora. Cupertino chiude l’anno con un fatturato che supera i 100 miliardi di dollari. Merito, in gran parte, di iPhone 4 e 4S, che vendono 72,3 milioni di unità e generano 46 miliardi. Nel 2012, il successo dell’iPhone 5 vale 78,7 miliardi.

Per la prima volta, il fatturato da smartphone costituisce più della metà del dato di gruppo. Una tendenza che sarà rafforzata anche nel 2013 (91,2 miliardi di dollari su 170,9). Nel 2014 (anno del lancio dell’iPhone 6), il fatturato degli smartphone tocca i 101,9 miliardi: i dispositivi incassano da soli quanto avevano fatto tutti i prodotti Apple tre anni prima. L’ascesa procede senza intoppi fino al picco del 2015, quando gli iPhone venduti sono 231,2 milioni, per un fatturato di 155 miliardi di dollari.

La volata finale: la ricetta per raggiungere il trilione

Gli smartphone non sono solo una macchina da vendite ma soprattutto da utili. Tra il 2007 e il 2015, il fatturato di Apple si è quasi decuplicato. Il risultato netto cresce addirittura di 15 volte (da 3,5 a 53,4 miliardi di dollari). Ormai gli smartphone valgono due terzi degli incassi di Cupertino. Al primo accenno di frenata del mercato, quindi, non è solo la divisione mobile a rallentare. Il 2016 (nonostante sia la seconda migliore annata per iPhone venduti) ha registrato un calo delle vendite (211,9 milioni di unità) e del fatturato (136,7 miliardi di dollari).

Per Apple si è tradotto nella prima flessione del fatturato (215,6 miliardi) dopo 15 anni di ascesa. Resta però saldamente oltre il 60% la quota derivante dagli iPhone. A conferma che il legame tra il marchio, il prodotto (e un solo mercato) si sia trasformato in dipendenza. La Mela cerca alternative. E lo fa in due modi. Nel 2017, l’anno del decennale dell’iPhone, scompiglia il calendario tecnologico e decide di lanciare tre dispositivi: due iPhone 8 e un iPhone X, con un design a tutto schermo che rompe con il passato.

I primi due sono disponibili a settembre, il terzo solo da novembre. E in più con un prezzo che non si era mai visto prima: 1000 dollari. Allo stesso tempo, Apple cerca di differenziare le fonti di guadagno. E punta sui servizi (da Apple Pay a Apple Care). Nel 2017 la società fattura 229,23 miliardi di dollari, in aumento del 6,3% rispetto al 2016. Con un utile di 48,35 miliardi, in crescita del 5,8%. Apple sacrifica le unità vendute (cresciute a piccoli passi negli ultimi trimestri) in un mercato stagnante e punta sulla spesa media degli utenti (che decolla, visto il prezzo dell’iPhone X, e trascina il fatturato).

Tra aprile e giugno, i servizi sono cresciuti del 31% anno su anno. Hanno portato nelle casse di Cupertino 9,5 miliardi. Ormai valgono quasi quanto iPad e Mac messi assieme e costituiscono una fetta consistente del fatturato: il 17,9%. L’iPhone pesa ancora tanto (il 56%) ma sempre meno. È questa la nuova ricetta che ha spinto il titolo negli ultimi giorni (anche grazie a un piano di riacquisto di azioni proprie da 100 miliardi), consentendo di sfondare quota mille miliardi.