Cos’è il ‘No Way’ australiano sull’immigrazione che Salvini vorrebbe in Italia, e che risultati ha avuto

“Il mio obiettivo è il ‘No way’ australiano. Nessun migrante soccorso in mare mette piede in Australia”. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha scelto la linea, e la linea è quella di Canberra. Riferendosi al caso della nave Diciotti, ferma a Catania con oltre cento profughi a bordo in attesa di sbarco, il vicepremier ha ribadito la sua intenzione, già espressa in passato, di fare dell’Australia il modello per la sua politica sui migranti. Si chiama semplicemente “No way”, ed è un messaggio rivolto ai migranti in cui si dice, altrettanto semplicemente, “non pensateci neppure”, non c’è possibilità che possiate fare dell’Australia, o dell’Italia, casa vostra.

 

In cosa consiste il No Way australiano

Come si legge in un articolo di The Post Internazionale, “il governo di Canberra ha portato avanti la stretta sugli sbarchi nel Paese a partire dal settembre 2013, su iniziativa dell’allora premier conservatore Tony Abbott. L’operazione politico-militare è stata ribattezzata “Sovereign Borders” (sovranità dei confini, ndr), con l’obiettivo di respingere o deportare ogni migrante arrivato illegalmente via mare in territorio australiano. Una linea dura, applicata tramite il dispiegamento di unità militari per sorvegliare le coste e intercettare le imbarcazioni”.

“No way” è il lato mediatico di Sovereing Borders. Una campagna pubblicitaria in piena regola,  con protagonista il generale Angus Campbell (comandante dell’operazione) intento a spiegare gli effetti del provvedimento. “Non ci si può stabilire in Australia arrivando illegalmente via mare. Non pensate di fare dell’Australia casa vostra”, recita il messaggio.

La politica australiana sull’immigrazione

L’ Australia ha una legislazione tra le più rigide al mondo riguardo agli immigrati e ai richiedenti asilo. Lo spiega il Corriere della sera ricordando che nell’isola “Vige la cosiddetta ‘Pacific Solution’: tutti coloro (senza distinzione tra adulti e bambini) ai quali non viene riconosciuto lo status di rifugiato politico sono respinti o deportati. Entrare illegalmente in Australia è impossibile, chi ci prova è arrestato e trasferito nei centri di detenzione delle isole di Manu, in Papa Nuova Guinea e nello Stato australiano di Nauru”.

L’Australia qui trasferisce e i richiedenti asilo e li trattiene in campi di detenzione in attesa di esaminare le loro domande. “Due centri di detenzione che l’Onu e Amnesty International hanno più volte denunciato per le condizioni disumane in cui versano i migranti”, ricorda Il Corriere.

“Nelle promesse del governo di Canberra, i centri di detenzione dovevano essere composti da case confortevoli. In realtà sono vere e proprie prigioni, nelle quali donne, uomini e bambini – per lo più provenienti da Iran, Iraq, Sri Lanka e Afghanistan – vivono in spazi ristretti e in condizioni difficili. Molte volte le Ong hanno cercato di documentare e denunciare quanto accade sulle due isole, ma inutilmente. L’ultimo appello delle Ong è di oggi, e parla di 119 bambini detenuti a Nauru e in condizioni di disagio psicologico che sfociano in atti di autolesionismo. Un dodicenne in sciopero della fame, secondo le ong, versa in gravi condizioni”.

Che effetti ha avuto il “No Way” sull’immigrazione illegale?

Stando ai dati riportati dal sito Formiche.net, “nel 2013 c’erano stati 37 sbarchi illegali sulle coste dell’Australia e in 5 anni erano arrivati via mare 50.000 immigrati”. Poi l’annuncio del governo, che assicurò che a nessuno sarebbe stato più consentito entrare illegalmente. Come?

L’Operazione Confini Sovrani prevedeva che in caso di tentativo di entrare illegalmente in acque australiane “la prua dei barconi sarebbe stata girata dalla Marina militare e le carrette del mare rispedite al loro porto di provenienza. Nel caso le navi non fossero in condizioni di tornare sui loro passi, la Marina australiana – dopo aver prestato tra l’altro soccorso ai migranti che ne avessero bisogno – si sarebbe occupata di garantire un viaggio di ritorno sicuro via nave (mettendo a disposizione nuove imbarcazioni ad hoc) o via aria (con voli charter dedicati)”.

Risultato? “Dal luglio 2014 a oggi, gli sbarchi illegali si sono ridotti a zero. Sempre dal luglio 2014, fa sapere Dutton, anche i tentativi dei trafficanti di uomini sono diminuiti: in tre anni infatti sono stati bloccati “soltanto” 18 barconi. Mentre è continuata senza sosta la lotta per smantellare le reti criminali, in collaborazione con gli Stati vicini, arrivando ad arrestare 539 di quelli che in Australia chiamano “people smugglers”, contrabbandieri di uomini”.