Germania fuori dai Mondiali, Loew e Merkel: i destini paralleli di due leader in difficoltà

È un brutto auspicio per Angela Merkel, l’eliminazione della Germania al primo turno dei Mondiali di Russia. E il destino di Joachim Loew, il commissario tecnico che quasi sicuramente dovrà lasciare la panchina della nazionale dopo dodici anni, sembra allungare un funesto presagio su quello della cancelliera, che dell’identificazione con la Mannschaft vincente ha fatto uno dei pilastri della sua narrazione al potere.

Nulla è scontato, naturalmente. Merkel può teoricamente ancora scongiurare la crisi di governo, che la polemica con i suoi alleati bavaresi sui respingimenti dei profughi già registrati in altri Paesi della Ue rischia di precipitare, in assenza di accordi a livello europeo. Ma troppo forte è la suggestione che il fallimento dell’ «Operazione difesa del titolo» da parte della nazionale tedesca riverbera sulle fortune politiche della cancelliera. Soprattutto perché, per storia, gusti, carattere, stile di vita e non ultimo per l’idea di società che hanno in mente, Angela Merkel e Joachim Loew si somigliano come due gocce d’acqua. Una sorta di affinità elettiva, finita per diventare una vera amicizia, che finora li ha accomunati nel successo e che ora rischia di travolgerli insieme.

Entrambi vengono da regioni periferiche della Germania, Merkel dall’estremità nord-orientale, Loew dalla Foresta Nera nel profondo sud-ovest. Entrambi sono arrivati al vertice come sorprese, lei ex fanciulla di Helmut Kohl, lui ex braccio destro di Juergen Klinsmann. Parlano piano, senza retorica, ma sono durissimi nella sostanza: Merkel senza pietà verso i potenziali rivali, Loew altrettanto nel lasciare a casa giocatori-icona come Mario Goetze. Tutti e due amano la cotoletta Cordon Bleu, che il cuoco del Kanzleramt cucina tutte le volte (non poche) che Loew rende visita a Merkel. Anche le poche frasi celebri li accomunano: «Wir schaffen das», ce la facciamo, disse Merkel nel 2015 quando decise di aprire le porte a oltre 1 milione di rifugiati. «Wir werden das schaffen», ce la faremo, ha detto Loew qualche mese fa, quando i primi dubbi sono sorti sulla squadra alla vigilia del Mondiale. Gelosi della loro vita privata, nessuno dei due ha figli.

Ma più di ogni altra cosa, Angela Merkel e Joachim Loew hanno incarnato e promosso sui rispettivi fronti la visione di un Paese aperto al mondo e integrato. Lei resistendo a chi vuole chiudere le porte ai rifugiati o negare che anche l’Islam appartenga alla Germania. Lui forgiando e portando alla vittoria una nazionale multietnica, dove i Mueller e i Neuer si mescolano e fanno squadra con gli Oezil, i Guendogan, i Khedira e i Boateng. Entrambi hanno pagato un prezzo: Merkel aprendo il fianco destro dello schieramento moderato agli estremisti di Alternative fuer Deutschland; Loew finendo sotto accusa quando i suoi tedeschi di origine turca non cantavano l’inno nazionale prima delle partite o, da ultimo, si sono fatti fotografare insieme al leader turco Erdogan.

Ora siamo al finale di partita. Joachim Loew è il primo a cadere e su di lui sono già pronte a rovesciarsi le critiche di chi non gli perdona la difesa della sua Mannschaft plurale. Merkel va metaforicamente in campo nelle prossime ore al Consiglio europeo di Bruxelles, bombardata da ultimatum, avvertimenti e minacce provenienti dall’Austria, dai Paesi di Visegrad e soprattutto dagli alleati bavaresi, che gli rimproverano la sua idea di società aperta. Può ancora farcela. E’ successo altre volte. Ma la stagione è già cambiata. Il destino del suo amico Joachim segnala il nuovo Zeitgeist, lo spirito del tempo.