«Il licenziamento e poi lo sfratto: ora vivo in un’auto con i miei tre figli»

Il licenziamento, solo l’ultimo di una lunga serie, il lavoro che vacilla e il denaro per pagare l’affitto che diventa un miraggio, lo sfratto dalla casa di Borgo Vittoria a Torino che distrugge le ultime speranze di rialzarsi. Poi quella soluzione obbligata, presa dall’oggi al domani: trasferirsi sulla strada. Alessandro R., 39 anni, di Torino, racconta la sua storia guardando il basso, fissando quella che da qualche giorno è diventata la sua casa: l’automobile nella quale trascorre le notti accampato con la sua famiglia, nella speranza che l’incubo finisca. «Ho sempre lavorato – racconta Alessandro al Corriere della Sera -, persino quando tirare a fine mese significava raccattare i soldi per coprire le spese (l’affitto, le bollette, il supermercato) e nient’altro». Alessandro ha lavorato come corriere, magazziniere, addetto al volantinaggio. «Dopo pochi mesi venivo rimpiazzato e la favola finiva. Poi è successo che una delle ditte che mi aveva assunto da un giorno all’altro è fallita e mi ha lasciato a casa con mesi di stipendio arretrati».

Al suo grido di aiuto si unisce quello della compagna Alessandra, 31 anni, e quello dei loro tre bambini: 4 e 2 anni e il fratellino di 5 mesi. Una famiglia che da diversi giorni vive in condizioni precarie e senza l’ombra di certezze. «L’unica cosa che vorremmo – raccontano – è una casa. Continuiamo a spargere curriculum, ma nessuno ci considera. Le stiamo provando tutte, ma qui, sotto la pioggia, rischiamo di doverci arrendere». Le persone durante il giorno passano dalla “casa” di Alessandro e lasciano quello che possono: monetine, alimenti, parole di conforto e spinte ad andare avanti. «Ci aiutano a non arrenderci, con quella dignità che rischiamo di perdere sotto le ruote dell’auto».

I bimbi della coppia hanno iniziato a chiedersi perché, da un giorno all’altro, abbiano perso la loro casa e siano finiti per strada. Forse stasera le suore di Torino li ospiteranno, insieme alla madre, per una notte tranquilla, ma è solo una soluzione temporanea. Il loro papà resterà in auto. «Ogni giorno guardo in faccia i miei bambini e spiego loro che stiamo attraversando un momento difficile – racconta la madre -, ma che ci rialzeremo più forti di prima». Le lacrime si fanno incessanti. Gli aiuti? «Ne arrivano pochi. Il Comune e i servizi sociali ci chiedono un reddito per assegnarci una casa, e noi non l’abbiamo. In compenso i nostri figli hanno fame. E per restituirgli la loro infanzia siamo disposti a tutto, a svolgere qualunque tipo di lavoro». Alessandro e Alessandra, otto anni di differenza, il primo appuntamento in una discoteca di Torino. Lì, cinque anni fa, la promessa di trascorrere una vita insieme. Poi l’emergenza: buttati in strada dalla vita, che adesso si fa più seria. E lascia spazio alla loro ultima speranza: «Ridateci la nostra dignità, prima che si faccia tardi».