Le dipendenze? Un problema di virus

Si sa da tempo che taluni soggetti, più di altri, sono suscettibili alle dipendenze – in particolare le tossicodipendenze. Recentemente si è scoperto che potrebbero essere alcuni rari residui di antichi retrovirus, inglobati nel genoma umano centinaia di migliaia di anni fa, a contribuire alla spiegazione del motivo per cui vi sono queste differenze, tra le persone, nell’assunzione di comportamenti dipendenti. Ad evidenziare ciò è stato un team di ricercatori della Oxford University, in uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, secondo cui nel Dna di soggetti più sensibili e predisposti all’abuso di sostanze stupefacenti questo virus è statisticamente maggiormente presente.

Nel corso dei millenni, il nostro genoma ha raccolto e inglobato diversi retrovirus endogeni HERV, incastonati nel genoma della maggior parte degli individui: di questi, il raro retrovirus HK2 è l’unico che cresce e si diffonde ancora oggi, anche se in maniera diversa a seconda delle persone. I ricercatori di Oxford hanno osservato che è proprio questo retrovirus ad essere più abbondante negli individui che fanno uso di sostanze. Da alcuni esami, effettuati su un campione di soggetti facenti uso di sostanze e di soggetti che non assumevano alcuna droga, è emerso che nei primi la presenza del retrovirus HK2 è risultata circa 3 volte più frequente rispetto ai secondi.

Gli scienziati hanno osservato che questo antico virus è posizionato, nel genoma, vicinissimo ad un gene che regola l’attività della dopamina nel cervello. La dopamina è una sostanza che trasmette le informazioni fra i neuroni, collegata ai percorsi cerebrali della ricompensa e della gratificazione; inoltre si sa, da studi precedenti, che è proprio associata alla predisposizione a comportamenti dipendenti. Una volta messe insieme queste informazioni, i ricercatori hanno mostrato che, data la sua posizione, il virus potrebbe in qualche modo influenzare il gene che regola la dopamina, dunque influenzare la tendenza all’abuso di sostanze.

Il prossimo passo sarà quello di studiare le interazioni fra HK2 ed altre infezioni virali, per comprendere meglio gli effetti di questo retrovirus sulla salute umana. Inoltre, capire i meccanismi biochimici e meccanici alla base del collegamento scoperto potrebbe aiutare a individuare bersagli farmacologici, al fine di sviluppare terapie specifiche.