Manovra 2019, le risorse che mancano per mettere d’accordo Ue e governo

Avvio del reddito di cittadinanza, modifica della legge Fornero e riduzione dell’Irpef unitamente alla sterilizzazione del rialzo dell’Iva previsto dalla clausola di salvaguardia dei conti pubblici.
Inserire nella legge di Bilancio, come dichiarato dallo stesso, tutte queste misure e rispettare contestualmente i vincoli posti dalla Commissione europea è l’impresa che il ministro dell’Economia deve realizzare da qui a un mese.
Tria può contare su un approccio aperto di Bruxelles, almeno da inizio settembre quando il fuoco di sbarramento anti-Ue dei due vice-premier si è interrotto. Avvicinandosi il rinnovo di Commissione e Parlamento europeo, l’esecutivo di Bruxelles uscente non vuole offrire il fianco alle critiche delle forze anti-europeiste che si candidano alle elezioni.
Anche per questo all’Italia non verrà più chiesta per il 2019 una riduzione del deficit strutturale, quello al netto del ciclo economico, di 0,6 punti percentuali, ma ci si accontenterà di un calo più contenuto. Secondo una fonte, Bruxelles potrebbe accogliere l’impegno a una riduzione di 0,6 punti in due anni con gran parte dello sforzo concentrato sul 2020. “I tecnici della Commissione, fermi sino a fine agosto per i continui attacchi da parte dei partiti di governo, sono al lavoro da inizio mese per individuare il modo di concedere anche quest’anno un alto grado di flessibilità all’Italia” aggiunge.
Quindi all’Italia per il prossimo anno si chiederà un leggero calo dello strutturale, pari a 0,1/0,2 punti percentuali, obiettivo condiviso dallo stesso Tria.
Secondo le indiscrezioni stampa, la richiesta, condivisa da Tria, per il deficit nominale compatibile con il lieve ribasso dello strutturale, si attesta attorno all’1,6% del Pil, livello molto più alto dello 0,8% indicato ad aprile dall’ex-ministro Padoan quando le prospettive di crescita economica erano però migliori. Ma anche livello più stringente rispetto alle richieste dei due partiti di governo che non vogliono un deficit inferiore al 2%.
Un mese fa Tria vedeva il deficit tendenziale all’1,2%, stima che riduce a circa 0,4 punti percentuali, pari a 7 miliardi di euro, lo spazio di manovra. Ma la sola neutralizzazione dell’aumento dell’Iva ha un costo di oltre 12 miliardi. A cui vanno aggiunti 3 miliardi per le spese dovute agli impegni già presi dall’Italia (ad esempio le missioni all’estero). A cui si aggiunge qualche miliardo – Carlo Cottarelli in un recente studio calcola 5,1 miliardi – di maggiore spesa per interessi sul debito a causa dei più alti rendimenti dei titoli di Stato italiani.
Tria ha già dichiarato che non intende avallare misure in deficit spending. E per la riduzione dell’Irpef ha spiegato che dovrà essere finanziata da un taglio delle agevolazioni fiscali di pari portata. Tema non facile, almeno dall’esperienza degli anni passati: a più di uno studio del governo del momento sul tema non è mai seguita una razionalizzazione delle agevolazioni, principalmente per non perdere consenso elettorale.

In ogni caso restano da coprire i costi per l’avvio del reddito di cittadinanza – Il Movimento 5 Stelle chiede con forza uno stanziamento di 10 miliardi – e quelle per modificare la legge Fornero. La reintroduzione della quota 100 (somma di almeno 62 anni anagrafici e di anni di contributi) proposta da Matteo Salvini costerebbe, secondo un primo studio dell’esperto di previdenza Stefano Patriarca, oltre 10 miliardi. Oltre all’effetto negativo sulle entrate della crescita del Pil 2019, visto ora all’1% o poco più rispetto all’1,5% previsto a inizio anno.
Per le coperture il leader della Lega ha indicato in 20 miliardi la cifra ottenibile dall’ennesimo condono fiscale dei governi italiani, cifra sovrastimata se non fosse altro che per le possibilità di condono che gli evasori hanno già avuto e utilizzato lo scorso anno e in quelli precedenti.
A questo si aggiunge il carattere di una tantum della misura, che non rende utilizzabile gli incassi ai fini del calcolo del deficit strutturale.
Il deficit strutturale 2019 non sarà di molto inferiore a quello nominale. Il governo Gentiloni lo stimava inferiore di 0,4 punti, ma la minore crescita potrebbe ridurre la correzione per il ciclo economico di un altro decimo, spiega la fonte.
Rimane un totale di provvedimenti strutturali richiesti, nell’ordine dei 25 miliardi di euro, di fronte ai quali Tria, per rispettare l’impegno preso con la Ue, deve trovare ingenti risorse e/o tagliare la portata dei provvedimenti.