LA VICENDA. Il giudice del tribunale civile di Firenze, Lucia Schiaretti, ha condannato Marco Travaglio, una giornalista, e la società editoriale ‘Il Fatto’ a risarcire in solido Tiziano Renzi per i contenuti di tre articoli apparsi su ‘Il Fatto Quotidiano’. Il danno è stato calcolato in 95mila euro. La sentenza, ha stabilito il giudice, dovrà anche essere pubblicata sulle edizioni di carta e on line del quotidiano. Il padre dell’ex premier Matteo Renzi è uscito invece “sconfitto” nella causa intentata contro Peter Gomez e il giornalista Giordano Cardone per alcuni articoli pubblicati sull’edizione on line: in questo caso sarà Renzi senior a farsi carico delle spese del giudizio per entrambi i giornalisti. La condanna di Travaglio riguarda invece due editoriali pubblicati il 24 dicembre 2015 e il 16 gennaio 2016. Nel primo, intitolato “I Babboccioni”, parlando dell’indagine in corso a Genova sulla Chil Post, Travaglio aveva usato il termine “fa bancarotta”; nel secondo, “Hasta la lista” Tiziano Renzi era stato accostato per “affarucci” a Valentino Mureddu, iscritto, secondo le cronache, alla P3. Il giudice ha giudicato diffamatorio anche il contenuto di un articolo apparso on line inerente Banca Etruria e Tiziano Renzi firmato da una giornalista.
Travaglio analizza nel dettaglio le conclusioni della magistratura fiorentina, ricordando le vicende che avrebbero riguardato Tiziano Renzi. Conclude che “a botte di sentenze come queste, un piccolo giornale libero come il Fatto non può reggere: ancora un paio di mazzate come queste e si chiude. Perché non c’è alcuna arma di difesa. Possiamo prestare tutte le attenzioni del mondo a non scrivere cose false o inesatte. Ma se poi veniamo condannati per aver scritto cose vere o per aver esercitato il nostro sacrosanto diritto di critica, allora dovremmo preoccuparci anche di non disturbare certi manovratori, specie se hanno appena agguantato la vicepresidenza del Csm e fanno il bello e il cattivo tempo nella città del tribunale che ci giudica”. Il riferimento del direttore è a David Ermini, renziano doc, appena nominato al vertice del Csm.