Questa è la strada, questo esattamente il modello di televisione “liquida”della quale si è parlato anche nei giorni scorsi, in occasione della presentazione del Rapporto annuale AgCom. Cosa si intende con questa definizione? Il presidente dell’Autorità, Angelo Cardani, ha esposto in questo modo la modalità di vedere la televisione in modo totalmente differente rispetto a quello tradizionale: prima avveniva in modo lineare, diretto e contestuale, ora in modo differito, con un proprio personale palinsesto; prima di fronte al tradizionale apparato di ricezione, ora con un apparecchio portatile, anche un buon cellulare, o un Pc.
Da tempo ormai siamo tutti consapevoli che il mondo dell’audiovisivo è cambiato e cambierà ancora profondamente e che il Digitale terrestre è prossimo a divenire obsoleto a favore di altre modalità di diffusione dei segnali radiotelevisivi. Netflix, insieme ad Amazon ed altri operatori, sono alle porte e sono proprio loro a rappresentare tangibilmente la “televisione liquida”. La BBC, che da sempre viene considerato un modello di riferimento per i servizi pubblici europei, sta già correndo ai ripari: è stato creato – ancora informalmente – un desk con gli altri operatori per cercare di far nascere un nuovo soggetto capace di intercettare i telespettatori, specie giovani in fuga dalla tv tradizionale.
A proposito di tutto questo, sempre a proposito della relazione AgCom, è opportuno fare una riflessione. Nel documento ufficiale, è stato scritto che “la televisione tradizionale manifesta comunque importanti segni di tenuta sia in termini di valore economico, come si è appena ricordato, sia in termini di ascolti, con una audience media nel prime time serale stabilmente sopra i 25 milioni di contatti, come a fine 2016”. Non è esattamente così: secondo quanto si legge sul sito Auditel nella sintesi ufficiale 2017, il prime stime è stimato in 23.880.564, ben oltre un milione meno di quanto dichiarato da Cardani. Quindi, non solo la televisione non manifesta nessuna tenuta (è un dato che anche negli anni precedenti evidenzia numeri negativi) ma, anzi, al contrario sottolinea la crescita della tv non lineare come, peraltro, lo stesso Cardani ha sottolineato. La differenza non è irrilevante: con il primo dato si vorrebbe fornire una lettura “tranquillizzante” del mercato, con il secondo si potrebbe sollevare (anche in casa Rai, prossima al cambiamento di governance) un allarme rosso che richiederebbe un progetto industriale adeguato.
Lo smottamento generale dell’intero comparto delle telecomunicazioni e, in particolare per quanto riguarda la televisione, comporta anche considerevoli spostamenti di ingenti risorse, prima tra tutte quella pubblicitaria. Anche le aziende si allineano alla tendenza: perde l’intero comparto tv tradizionale (con una significativa differenza tra free e pay, la prima più della seconda) e aumenta il comparto on line. Secondo Nielsen “ … la raccolta dell’intero universo del web advertising nei 12 mesi cresce del 7,7% rispetto al 2016” con un trend in crescita che potrebbe presto arrivare alle due cifre.
Quando solitamente si profila una sfida, per prudenza, si usa scrivere: dagli esiti incerti. Ora, in questo campo, gli esiti appaiono quanto mai chiari e definiti: per la televisione tradizionale è iniziato il conteggio alla rovescia.