Multe a butta-dentro dei ristoranti e ai giocolieri ai semafori, le fantasiose forme del Daspo urbano

A Sorrento, zona di Marina piccola, s’erano trasformati in bersaglio i classici butta-dentro, i ristoratori che spuntano dal locale calamitando l’attenzione dei viandanti per invitarli a consumare la cena da loro: multa da 100 a 500 euro al primo giro, una specie di cartellino giallo, Daspo urbano al secondo, cosicché il rione in cui si è risultati assai molesti diventi off-limits. Il sindaco Giuseppe Cuomo (lista civica di centrodestra) è un tipo effervescente – non più tardi d’un mese fa ha azzerato la giunta ribadendo che non riusciva ad amministrare – e sugli acchiappaturisti non ha avuto dubbi: «Sono insopportabili, vanno puniti e magari usando le nuove leggi».

Certo è difficile afferrare un denominatore comune nel modo in cui lo strumento introdotto dal ministro dell’Interno Marco Minniti è stato declinato da Nord a Sud. L’obiettivo prioritario era sanzionare i piccoli spacciatori, favoriti da alcune depenalizzazioni precedenti, e gli imbrattatori folli. Ma soprattutto nel secondo frangente, ancorché la ratio della legge sia condivisibile, bisognerebbe indagare per scoprire chi ha imbrattato, sbobinando filmati e interrogando testimoni e insomma: risulta piuttosto difficile arruolare investigatori pure per questo. Un caso limite del cortocircuito arriva da Genova, dove la maggioranza guidata da Marco Bucci (centrodestra) ha sfoderato di fresco il Daspo, poi ridimensionato in un’ordinanza meno incalzante, per chi rovista nei cassonetti, innescando un florilegio di flash-mob e levate di scudi «contro la lotta ai poveri». Il problema è che nelle medesime settimane la Procura locale ha cestinato le denunce dei carabinieri a carico d’un gruppo di disperati scoperti ad arraffare, appunto, rifiuti. Risultato: quello che per i magistrati si può fare, per chi amministra diventa un tabù e c’è qualcosa che non va.

È passato un anno abbondante dall’introduzione del Daspo urbano, che si materializza in tre varianti: «ordine di allontanamento da particolari luoghi della città», «divieto di accesso in specifiche aree urbane» o «in locali pubblici e nelle loro immediate vicinanze». Il Viminale aveva fornito un sommario consuntivo degli interventi compiuti al 31 dicembre, 2104 complessivi: 1781 (quasi l’85%) sono ordini di allontanamento, 305 divieti di accesso in aree urbane, 18 in esercizi pubblici. E però i numeri crudi non restituiscono il caravanserraglio alimentato dai sindaci. Per dire: chi ricorda che a Savona rischiano grosso i giocolieri al semaforo? O che ad Aci Castello (Catania), a inizio maggio 2017, con gli albori della bella stagione e una serie di «assembramenti intollerabili» nella Riviera dei Ciclopi, Filippo Drago (ex senatore centrista alla guida della giunta) aveva vietato «qualsivoglia gioco di squadra», fosse calcio, basket, pallavolo o quant’altro? È indubbio che le fantasiose trovate di chi amministra abbiano fatto da detonatore ad altrettanto mirabili proteste. E proprio ad Aci Castello è andata in scena per ripicca forse la prima partita senza palla nella storia del calcio italiano, così da occupare la piazza privandola dell’oggetto del contendere. Per dovere statistico va inoltre ribadito che il partito maggioritario resta quello del contrasto ad accattoni e senzatetto, con Bologna, Treviso e Bergamo nella top list, l’ex sindaco di Verona Flavio Tosi non pare attribuire alla neonata opzione poteri taumaturgici («Meglio la galera») mentre a meno di 60 chilometri, Comune di Vicenza, i contestatori se la sono cavata con una provocazione: «Anziché ai poveracci, appioppiamolo ai militari americani perché fanno casino in centro».

Altrettanto ben rappresentati sono i nemici degli abusivi, nelle loro variopinte alternative: Daspo contro i facchini improvvisati che affliggono i pendolari in stazione a Bologna; troppa timidezza sui Daspo lamentano invece da Siracusa, dove i parcheggiatori in nero sfornano persino il ticket autoprodotto, e un po’ di doppiopesismo si rileva nel sanzionare il sesso a pagamento. Registriamo così Daspo per le prostitute a Reggio Calabria, mini-Daspo estemporaneo a Napoli – iniziativa degli agenti – per i transessuali rei di corteggiare con troppa foga potenziali amanti, Daspo per lucciole più clienti a Montesilvano (Pescara), di cui il sindaco Francesco Maragno (centrodestra) va fiero. Gli unici che l’hanno fatta quasi sempre franca sono gli stupratori dei monumenti, in teoria le vittime designate.