Ora Madrid mette il turbo. Spagnoli più ricchi di noi

Ma crescono più di noi e adesso sono anche più ricchi. Gli spagnoli ci hanno sorpassato nel 2017, lo ha certificato il Fondo monetario internazionale: il pil procapite, confrontato a parità di potere d’acquisto, è più alto dell’Italia. Non solo. Di questo passo, nel prossimi cinque anni, la Spagna sarà il 7% più ricca del Belpaese. Hanno avuto la Troika (Fmi, Bce e Ue) in casa quando chiesero gli aiuti per salvare il sistema bancario al collasso, la disoccupazione alle stelle e il referendum catalano. Eppure, ci hanno superato e sembrano destinati a staccarci in lunghezza.

Pensare che, solo dieci anni fa, la situazione era agli antipodi, eravamo noi a stare meglio, il 10% meglio degli spagnoli, considerando gli stessi indicatori. Andando ancora più indietro nel tempo, al 1997, il Fmi colloca l’Italia al 18esimo posto della classifica globale e prevede per noi, arrivando al 2023, un tracollo fino alla 37esima posizione. Merito di Madrid o colpa di Roma? Certo, il Paese iberico cresce più di noi. Il Fmi stima un pil in aumento del 2,8% quest’anno e del 2,2% il prossimo mentre l’Italia si fermerà all’1,5% e all’1,1%. I progressi ci vengono riconosciuti ma la nostra ripresa viaggia a ritmi dimezzati rispetto all’Europa (2,4% nel 2018 e 2% nel 2019 nell’Area Euro) e il fondo di Washington punta l’attenzione più sullo stallo italiano che sulle positive performance dell’economia spagnola che, comunque, rallenta rispetto al 3,1% messo a segno nel 2017 ed è appesantita da una disoccupazione maggiore della nostra. A preoccupare il Fmi è anche l’instabilità politica che sta minando la fiducia degli investitori internazionali e rallentando il percorso delle riforme. Il ministro Pier Carlo Padoan, a Washington per i lavori del Fmi e del G20, difende la strategia attuata dal suo governo e alla prossima legislazione dice: “Non ci sono scorciatoie, è la strada giusta”. Ma la numero uno del Fondo, Christine Lagarde, avverte che non c’è tempo da perdere, “bisogna riparare il tetto” perché “nubi si addensano” sui cieli dell’economia globale. La guerra dei dazi, il quadro macroeconomico instabile e la mina del debito mondiale non consentono di stare sereni. Se a questo si aggiunge la fine del Qantitative easing, gli acquisti di titoli di Stato da parte della Bce, per un Paese ad alto debito come il nostro c’è poco da sedersi sugli allori.

Intanto, è atteso per la prossima settimana, probabilmente martedì, il Documento di economia e finanza che – secondo indiscrezioni – dovrebbe accelerare all’1,6% dall’1,5% stimato finora. Nel 2019 e nel 2020 il pil rallenterà invece all’1,4% e all’1,3% per l’effetto ‘recessivo’ delle clausole di salvaguardia sull’Iva previste a legislazione vigente. Starà al prossimo governo mettere in campo le misure giuste per riagganciare i cugini spagnoli. O, quantomeno, non farci doppiare.