Siamo davvero i primi in Europa per “povertà lavorativa”?

Lo scorso 20 marzo Laura Agea, eurodeputata del M5S, sul blog del Movimento ha scritto: “Se lavori otto ore al giorno rischi comunque di essere povero: secondo i dati Eurostat, in questa disumana classifica l’Italia si posiziona al primo posto con più di tre milioni di lavoratori a rischio, seguita da Spagna con 2,9 milioni e Romania con 1,6 milioni.

In generale, poi, il Paese dell’Unione europea con maggiore rischio di povertà lavorativa è la Romania (18,9%), seguita da Grecia (14,1%), Spagna (13,1%), Lussemburgo (12,0%). L’Italia (11,7%) si posiziona al quinto posto in questa seconda terrificante classifica”.

Si tratta di un’affermazione imprecisa.

Definizione di povertà lavorativa

La povertà lavorativa (In-work poverty), secondo la definizione che ne dà Eurostat, è la condizione di chi dichiara di avere un lavoro (autonomo o dipendente) ma che, nonostante questo, vive al di sotto della soglia di “rischio di povertà”, ha cioè un reddito equivalente inferiore al 60% del reddito nazionale mediano (in Italia siamo intorno ai 9.500 euro all’anno).

Eurostat considera come “lavoro” quello dipendente, sia full-time che part-time, gli stage e gli apprendistati pagati, l’autoimpiego e il lavoro non pagato nelle imprese familiari. È inoltre richiesto che il lavoro sussista per almeno 7 mesi sull’anno di riferimento. Dunque è vero che ci siano anche lavoratori “che lavorano otto ore” tra quelli a rischio di povertà, ma sono percentualmente molti meno dei lavoratori part-time o precari.

Scrive infatti Eurostat: “Il rischio di povertà per i lavoratori è fortemente influenzato dal tipo di contratto: è il doppio per i lavoratori part-time (15,8%) rispetto a quelli full-time (7,8%) ed è circa il triplo per i dipendenti a tempo determinato (16,2%) rispetto a quelli a tempo indeterminato (5,8%)” [Ndr. le percentuali riferite sono relative alla media europea].

Le percentuali della povertà lavorativa

Per quanto riguarda le percentuali, i dati citati da Agea sono corretti e provengono da questo report di Eurostat relativo al 2016 e alla fascia di età 18-64 anni: siamo quinti nella Ue coll’11,7% dietro a Romania, Grecia, Spagna e Lussemburgo. Si può aggiungere che la media europea è del 9,6%, dunque il dato italiano è due punti sopra la media. Gli altri grandi Paesi europei – Germania, Francia e Regno Unito – sono tutti al di sotto della media.

Di contro l’Italia ha un dato relativamente buono per quanto riguarda il rischio di povertà tra chi il lavoro non ce l’ha: la media europea è al 48,7% e l’Italia è al di sotto di questa asticella. Guida la classifica, col tasso più alto in Europa di non-lavoratori a rischio povertà, la Germania.

I numeri della povertà lavorativa

Ma tornando ai lavoratori a rischio povertà, non tornano i numeri in valore assoluto citati da Agea (“più di tre milioni di lavoratori a rischio in Italia, seguita da Spagna con 2,9 milioni e Romania con 1,6 milioni”).

Non siamo riusciti a trovare un documento o una tabella Eurostat che li contenesse. Abbiamo contattato Eurostat e ci è stato detto che non hanno i dati in valore assoluto ma solo in percentuale, dunque non è chiaro dove l’eurodeputata del M5S li abbia letti (siamo ovviamente a disposizione dell’interessata e del suo partito per eventuali rettifiche se qualcosa ci fosse sfuggito).

Per ricavare il numero dei lavoratori a rischio povertà abbiamo allora incrociato il dato percentuale coi dati sul totale dei lavoratori, nella fascia di età 15-64 anni, nei vari Stati dell’Unione europea.

Il totale dei lavoratori in Italia nel 2016 era pari a 22,241 milioni. L’11,7% di questo insieme (la percentuale* di lavoratori a rischio povertà nella fascia 18-64**) corrisponde a 2,6 milioni, non a “più di tre milioni”. Abbiamo contattato l’Istat per sapere se sono in possesso di questi dati e siamo in attesa di risposta.

Anche il dato della Spagna non torna. Il Paese iberico ha un tasso di rischio di povertà tra i lavoratori del 13,1% e una popolazione totale di lavoratori di 18,183 milioni: dunque il numero di lavoratori a rischio povertà risultante dal calcolo è di 2,4 milioni circa.

Corretto invece il dato sulla Romania. Il Paese dell’Est Europa ha un tasso di rischio-povertà tra i lavoratori del 18,9% e una popolazione lavoratrice di 8,166 milioni: dal calcolo percentuale risultano così 1,54 milioni di lavoratori a rischio povertà (circa gli 1,6 milioni citati da Agea).

Ma, in base a questo tipo di calcolo, non torna nemmeno la classifica che vedrebbe l’Italia al primo posto. La Germania, che ha una percentuale di rischio-povertà tra i lavoratori del 9,5% (inferiore all’Italia e al di sotto della media europea), avendo una popolazione che lavora molto superiore (40,165 milioni nel 2016) ha in valore assoluto un numero maggiore di lavoratori a rischio povertà: 3,8 milioni abbondanti.