Singhiozzo: i rimedi della nonna sono efficaci

un classico. Prima o dopo aver mangiato, dopo aver bevuto specie un alcolico o una bibita gasata ecco arrivare il singhiozzo. Inneschiamo involontariamente una contrazione del diaframma, il muscolo che separa l’addome dal torace. Contemporaneamente si chiude la glottide, lo spazio che si trova all’imbocco delle vie aeree, causando il caratteristico rumore che accompagna il singhiozzo.

È coinvolto il nervo frenico 

«È un meccanismo fisico legato a un’irritazione del nervo frenico, che parte dalle vertebre cervicali e si espande a raggiera coinvolgendo il torace, alcune parti dell’addome e il diaframma», spiega Gabriele Riegler, professore associato di gastroenterologia all’Università della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli.

I fattori di rischio 

Iniziare a mangiare in fretta non è l’unica situazione in cui si innesca il singhiozzo. «Dal punto di vista gastroesofageo, il singhiozzo può essere legato al reflusso gastrico. Compare però spesso in chi

  • tende a inghiottire aria e a soffrire di aerofagia,
  • mastica molti chewing gum,
  • consuma bevande gasate
  • nelle persone che parlano in fretta. Oltre a ingurgitare aria, non coordinano bene il movimento della respirazione con la fonazione».

Come evitare i fattori di rischio

«Bisogna masticare con calma e non ingerire troppa aria», consiglia Riegler. «Quando si mangia in fretta non si dà il tempo all’esofago di svuotarsi che già viene ingerito altro cibo. Così si innescano condizioni di cattivo controllo motorio che si ripercuotono sul diaframma».

I rimedi della nonna

Finché è un episodio saltuario non è il caso di ricorrere a farmaci, anche perché di specifici per il singhiozzo non ne esistono. A disposizione abbiamo la nostra cultura popolare, ovvero i cosiddetti rimedi della nonna che tutti, anche i più piccoli, conoscono.

  • Trattenere il respiro per una trentina di secondi tappandosi il naso,
  • bere piccoli sorsi di acqua,
  • simulare uno starnuto
  • farsi spaventare da un amico.

I motivi per cui i rimedi della nonna funzionano

«La manovra di Valsalva, cioè fare una profonda espirazione tenendo il naso chiuso, serve ad aumentare la pressione tra torace e addome e a stimolare il nervo frenico irritato, bloccando così il singhiozzo», spiega lo specialista.

«Bere qualche sorso di acqua, invece, normalizza il passaggio lungo l’esofago e aiuta a ripristinare una corretta motilità gastroesofagea. Se facciamo finta di starnutire, infine, il diaframma risale verso l’alto interrompendo il meccanismo che determina il singhiozzo. Lo spavento può bloccare il singhiozzo o allo stesso tempo innescarlo, perché provoca un’ulteriore contrazione del diaframma che può ripristinare, o perdere, il suo normale movimento».

Preoccupati quando dura più di un’ora  

C’è da preoccuparsi soltanto se persiste per più di un’ora o addirittura per uno o due giorni consecutivi. È una situazione rara, ma non bisogna sottovalutarla e se accade è consigliabile consultare un medico. «Per gli episodi acuti si può prescrivere la metoclopramide, un procinetico indicato per il vomito che regola la motilità esofagea», spiega Riegler. «Nei casi più persistenti, ad esempio quando il singhiozzo va avanti da più di un’ora, si ricorre a farmaci che agiscono sul sistema nervoso muscolare, per esempio miorilassanti».

Se torna spesso 

Oltre alla persistenza, bisogna fare attenzione anche al carattere recidivo del singhiozzo. In questo caso, potrebbe essere un campanello d’allarme di altre patologie. «Può essere causato da malattie respiratorie, come pleuriti, da problemi vascolari, che vanno ad alterare i nervi che portano segnali al cervello, da un ingrossamento del fegato, della milza o di un altro organo che si appoggia alla parete del diaframma, oppure da patologie toraciche o gastroenterologiche gravi, ad esempio una neoplasia che comprime il torace o il diaframma», sottolinea l’esperto.

Se non passa neanche con i farmaci

Se il singhiozzo non passa dopo l’assunzione di farmaci, il medico deve quindi iniziare a indagare per individuarne la causa. «Solitamente si ricorre a una radiografia del torace, a un’ecografia dell’addome e in seguito a una gastroscopia», spiega Riegler. Come ultima eventualità, ma circoscritta a casi specifici, il singhiozzo può essere secondario a una terapia. «La chemioterapia e la radioterapia possono generarlo perché incidono sulle lesioni nervose», conclude l’esperto. «Più raramente, invece, insorge dopo l’assunzione di cortisone».