Tra la famiglia campana e quella valdostana corre ancora una differenza di quasi mille euro di prelievo fiscale: da una parte 2.144, dall’altra 1.160 euro. E anche a voler evitare un confronto tra Regioni a statuto diverso, prendendo quindi il valore dei tributi in Lombardia (1.400 euro) per una famiglia standard residente, il divario resta marcato.
L’analisi sull’incidenza del fisco locale riscrive così la geografia dell’Italia, con la lente rivolta al cumulo del prelievo regionale, provinciale e comunale. E fotografa diverse altre dicotomie, scavate tra imposte sul reddito (addizionali Irpef), sull’abitazione, sull’auto e sui consumi (dove previsto, per gas metano e benzina).
IL PESO DEL FISCO NELLE REGIONI ITALIANE
Se dunque nel confronto con il 2015 il segno meno è generale e assai rilevante – con picchi oltre il 20%, anche per effetto della cancellazione della Tasi sulle abitazioni principali non di pregio – in relazione al 2016 solo quattro Regioni hanno ridotto la pressione fiscale sui residenti. E tra queste solo l’Emilia Romagna l’ha fatto in maniera più evidente: -8,6% (a 1.591 euro). In questo caso «la minore onerosità» – spiega il rapporto – «è riconducibile soprattutto a un utilizzo più contenuto dei margini di manovra per le addizionali regionale e comunale all’Irpef», che incidono per quasi il 60% del totale. La crescita più visibile avviene invece in Puglia, dove il prelievo sale del 3,2% (a 1.697 euro). Tralasciando gli zero virgola, gli altri aumenti si verificano in Sardegna (+2,1%), Calabria (1,9%) e Abruzzo (1%).
Discorso un po’ diverso se si guarda ai valori assoluti e a quanto incide il fisco locale sul reddito familiare medio. Nonostante il complessivo alleggerimento dell’ultimo biennio, le imposte “decentrate” gravano ovunque per oltre il 3% del reddito, con l’eccezione di Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia (rispettivamente 2,6 e 2,9%). Un’eccezione che dipende dallo statuto speciale, ma non solo: se è vero che in Sardegna e Sicilia il fardello è del 3,5 e del 4,1 per cento.
In questa classifica rovesciata, dietro la famiglia campana – che patisce a livello più alto tutti i tributi tranne l’addizionale regionale sul gas metano, e paga il 4,9% del reddito medio – si ritrova il nucleo residente in Lazio (1.888 euro, 4,3% del reddito) e in Calabria (1.834 euro, 4,2%). Due zone dove, non a caso, risultano più elevati i tributi sul reddito, che pesano per il 2,6 e il 2,5%, contro il 2,3% delle Regioni a statuto ordinario. Seguono quindi la famiglia piemontese (prelievo di 1.800 euro) e quella siciliana (1.793 euro): a riprova del fatto che i dati sul fisco locale rimescolano – almeno in parte – la geografia italiana, e non si limitano a ricalcare una “facile” divisione tra Nord e Sud del paese.
L’osservazione viene confermata anche sul fronte dei “virtuosi”. Vicino alla Lombardia – in cui il prelievo è di 1.400 euro, pari al 3,2% del reddito familiare medio – c’è il Veneto (1.460 euro). Ma ancor più prossima è, per varie ragioni, la Basilicata: dove i tributi regionali, provinciali e comunali valgono “solo” 1.452 euro all’anno.