Talco e tumore: nuova condanna per la J&J che deve risarcire 22 milioni

Si riapre ancora una volta il dibattito sulla cancerogenicità del talco con una nuova condanna per la Johnson & Johnson, che dovrà risarcire una donna californiana con 25,7 milioni di dollari (22 milioni di euro). Joanne Anderson, 66 anni, si è ammalata di mesoteliama e la donna sostiene di aver sviluppato il tumore dopo aver usato per anni il talco della Johnson & Johnson sui suoi figli negli anni ‘70 e su se stessa negli anni ‘80 e ‘90, quando si cospargeva mani e piedi mentre giocava a bowling, arrivando a consumare fino a due flaconi al mese. Secondo l’accusa il colosso farmaceutico non avrebbe adeguatamente informato i consumatori della presenza nel prodotto di asbesto, sostanza che può causare tumori. Tesi respinta fermamente dall’azienda, che tuttavia finora è stata condannata a pagare in numerose altre cause risarcimenti per centinaia di milioni di dollari.

Accusa e difesa

La Johnson & Johnson si è detta amareggiata per la sentenza e ha annunciato appello. Il portavoce dell’azienda, Carol Goodrich, ha spiegato: «Continueremo a difendere la sicurezza del nostro prodotto perché non contiene amianto e non causa il mesotelioma. Nei nostri studi indipendenti non abbiamo mai trovato amianto nel talco». Chris Panatier, uno dei legali della Anderson, ha invece affermato che la multinazionale ha cercato in tutti i modi di nascondere i risultati dei test, alterare i report e mentire ai consumatori sulla sicurezza dei suoi prodotti cosmetici.

Il precedente

È la seconda giuria in meno di che mesi che conclude che J.& J ha venduto il talco sapendo che conteneva tracce di amianto e che quindi rappresentava un rischio di tumore per gli utenti. Nell’aprile scorso la casa farmaceutica insieme con il suo fornitore Imerys Talc era stata condannata a pagare un indennizzo di 117 milioni di dollari (95 milioni di euro) al 46enne Stephen Lanzo, che nel 2016 fece causa alle due aziende dopo essersi ammalato di mesotelioma (unico uomo per ora a fare causa). A oggi la società deve affrontare le richieste di oltre 9000 querelanti che collegano l’utilizzo del talco principalmente al cancro ovarico.

Tumore all’ovaio: come difendersi

Ma quali sono i rischi reali?

Il talco è «indagato» da tempo e l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (lo Iarc di Lione) ha classificato le polveri per il corpo a base di talco come possibili cancerogeni per l’uomo nel 2006. Possibili (insieme a centinaia di altre sostanze), non probabili e neppure certe. L’ipotesi avanzata dai ricercatori è che la polvere di talco, contenente agenti infiammatori, si diffonda dagli organi genitali esterni a quelli interni femminili causando infiammazioni di lunga durata che, a loro volta, stimolano la formazione di un tumore. «Ad oggi, però, nonostante i numerosi studi condotti negli anni, non ci sono prove a sufficienza per stabilire un legame tra talco e cancro all’ovaio», dice Paolo Scollo, past presidente della Società italiana di Ginecologia e Ostetricia. La conclusione a cui giungono gli esperti quindi è che non ci sono sufficienti elementi per dimostrare un rapporto tra l’utilizzo del talco sui genitali e l’insorgere di una qualche forma di cancro. Per quanto riguarda invece il mesotelioma il problema è legato al fatto che il talco è un minerale che si trova spesso vicino alle miniere di amianto e diversi studi hanno dimostrato che esiste un rischio di contaminazione incrociata durante l’estrazione. In Europa però il talco è molto controllato e la sua tracciabilità è assicurata: dal 1973 tutti i prodotti a base di talco devono per legge essere privi di amianto e le aziende chiedono ai loro fornitori un certificato che assicuri l’assenza della sostanza incriminata.