Var, ancora troppi errori. Tanti arbitri già bocciati

Var o non var? La questione è sfuggita di mano. Gli errori sono cresciuti in quantità e qualità, il consenso è sceso ai minimi storici, gli arbitri sono tornati un caso nazionale. È un crescendo preoccupante. Dopo la prima giornata, si era discusso di interpretazioni diverse: fallo da Var o non da Var? Il protocollo contro le chiacchiere da bar. Dopo la settima, gli errori vanno al di là di ogni interpretazione: doveva intervenire la Var, non l’ha consultata; è intervenuta la Var, non le ha dato retta. Il protocollo se non stravolto, ignorato.

IN FLESSIONE 

Un anno fa, stagione d’esordio in campo del sostegno tecnologico, dopo un breve rodaggio le cose funzionarono alla grande. “Rasentammo quasi la perfezione”, ricordava ieri il presidente dell’Aia Marcello Nicchi. “Siamo stati così bravi che ora ci chiedono ancora di più”. Il guaio, però, è che danno sempre di meno. La metà dei direttori di gara a disposizione di Nicola Rizzoli, designatore confermatissimo dopo la scorsa stagione alla guida della Can A, viaggia al di sotto della sufficienza. Qualcuno ben al di sotto, non solo i meno esperti, cui è concesso un periodo di ambientamento nel grande palcoscenico della A. Sbagliano un po’ tutti, in campo e davanti al video, e a parte un paio sugli standard abituali, gli altri fanno più fatica dello scorso anno a scegliere se e quando farsi aiutare dalla tecnologia.

COSA È CAMBIATO?

Perché queste difficoltà? Se non è cambiato il protocollo, è mutato l’atteggiamento dei direttori di gara? Cosa è successo alla classe arbitrale che tutto il mondo ci invidia(va), specie in relazione all’utilizzo della Var? Dopo sette giornate di campionato, gli errori cui abbiamo assistito, gli ultimi a Firenze e Bologna davvero clamorosi, evidenziano che il problema è soprattutto nell’ampio margine di discrezionalità che il protocollo concede ai direttori di gara, gli unici titolati a battezzare un errore “chiaro ed evidente”, quindi meritevole del supporto tecnologico. Il problema è che davanti a falli simili, un anno fa non si mostravano esitazioni, ora si è pieni di dubbi, e se c’è il dubbio, come ripete spesso Rizzoli, la Var non deve intervenire. Addio uniformità di giudizio. Resta il dubbio che qualcosa sia cambiato nello stato d’animo degli arbitri. Retroscena: dopo gli ottimi risultati della stagione d’esordio un’ampia corrente di pensiero spingeva per allargare i cordoni della Var, ma gli arbitri si sono messi di traverso e il Mondiale russo, che della tecnologia ha fatto un uso morigerato, li ha aiutati. Ecco, l’impressione quest’anno è che i direttori di gara, dopo aver preso le misure, siano sempre sulla difensiva in relazione alla Var, perennemente preoccupati di un’invasione di campo, concentrati innanzitutto a tutelare la propria autonomia. Stupisce, soprattutto se messo in relazione a quanto ci disse ad agosto Massimiliano Irrati, il miglior Var del mondo (non a caso uno dei pochi a non aver sbagliato in questo avvio di campionato). “Se un arbitro vuole fare carriera, non deve fare errori, e in questo la Var può rivelarsi un’amica preziosa. Perché non dovremmo abbracciarla?”. Già. I tifosi, tra cui la popolarità della classe arbitrale è tornata ai livelli pre-Var, si pongono anche un’altra domanda: a chi giova questo atteggiamento?

COSì NON SERVE…

Marcello Nicchi, anche ieri, è stato costretto ad una difesa d’ufficio. “Bisogna smettere di lamentarsi. La Var funziona e tutti lo riconoscono, se poi ogni volta che accade un episodio si vuole smontare tutto siamo fuori dal mondo. Chi sbaglia, starà in panchina, d’accordo. Ma è uno strumento che tutti ci invidiano, vengono a studiare la sua applicazione in Italia. Se si pontifica su un episodio allora non è cambiato niente e mi chiedo cosa l’abbiamo messa a fare”. Se lo chiede da parecchio tempo anche Urbano Cairo. Il Torino è la società che più ha sperimentato sulla propria maglia i diversi approcci alla Var. “L’ho sempre considerata un’innovazione molto positiva per il calcio – ha spiegato il presidente granata –. Poi, con le nuove regole introdotte al Mondiale che ne hanno limitato l’uso, ho cominciato a pensare che invece la Var potrebbe non essere uno strumento giusto se utilizzato in modo parziale, per non dire di tutte quelle occasioni in cui non c’è chiarezza. La Var nel campionato scorso veniva utilizzata molto di più. Addirittura penserei che sarebbe giusto, come fanno nella pallavolo, avere la chiamata Var. Dare la possibilità al tecnico di chiamare l’utilizzo dello strumento tecnologico”. L’auspicio, quindi, è che l’uso della tecnologia torni a salire. “Abbiamo trovato uno strumento tecnologico che funziona bene, aiutando a non fare errori, e ne limitiamo l’uso dopo i Mondiali? Non vedo per quale motivo. Noi semmai dobbiamo utilizzarlo di più, non solo per gli errori gravi. Dovrebbe essere allargato l’uso della Var e dovrebbe essere aggiunto che anche l’allenatore, una volta a testa, può chiamare la Var. Allora sì, sarebbe uno strumento di grandissima utilità che aiuterebbe gli arbitri”.

UN PO’ DI BUON SENSO

Ma gli arbitri vogliono davvero farsi aiutare? “Mi sembra che sia rimasta troppa discrezionalità: questo è il difetto della Var”. Anche per il presidente del Genoa Enrico Preziosi se ne fa un uso troppo limitato. “Se gli episodi sono rilevanti o determinano dei dubbi, la Var va subito applicata – ha dichiarato al termine dell’assemblea della Lega di A –. Dalle lamentele che sento, e qualcosa è capitato anche con noi, penso che forse l’intervento della Var avrebbe chiarito situazioni particolari. Negli episodi importanti, non costa niente valutare un attimo in più, contribuirebbe a dare un’esatta interpretazione”. È buon senso, lo stesso che gli arbitri usavano un anno fa.