Zoe è una labrador color miele, ed è una dei cani in forze al Nucleo Cinofilo dei Vigili del Fuoco della Liguria. Rocco è Rocco Tufarelli, il responsabile tecnico del nucleo, che da martedì 14 agosto è sul luglio del crollo di ponte Morandi insieme con centinaia di altri colleghi e soccorritori. Il compito di Rocco e di Zoe, però, è delicatissimo: sono loro, insieme a unità cinofile arrivate da tutta Italia (come da protocollo in tragedie di questa portata), a infilarsi negli anfratti e nei varchi lasciati dai lastroni di cemento e a segnalare alle squadre Usar – Urban Search & Rescue – dove scavare.
La procedura seguita durante le tragedie (tristemente collaudata già ad Amatrice, a Rigopiano o nelle alluvioni) è la stessa per tutte le unità cinofile: «Facciamo un giro noi, se il cane ci dà qualche indicazione chiamiamo gli Usar e facciamo scavare – prosegue Tufarelli – Tutti i cani segnalano la presenza di “effluvi” abbaiando, il nostro compito è canalizzarli, addestrarli ad abbaiare e a puntare il naso nel punto più prossimo a dove sentono odore». Conseguenza diretta di una tale esigenza di accuratezza, capita che conduttore e cane possano restare feriti, come è accaduto a Zoe, ed è per questo che al seguito del Nucleo Cinofili della Liguria c’è sempre il dottor Fulvio Cambiaso, anche lui cinofilo, veterinario di fiducia degli eroi a quattro zampe, che li segue in ogni missione.
Quella di Genova, e del ponte Morandi, è però una delle più particolari e difficili con cui i soccorritori devono confrontarsi: il sito è circoscritto, le macerie sono accatastate l’una sull’altra, i cani devono essere issati, portati di peso in certi casi legati sulle schiene dei conduttori per raggiungere le zone in cui si pensa possano esserci vittime. E un solo passaggio non basta, spesso ne servono di più, in condizioni di stress estremo: «Ovviamente noi li addestriamo sin da piccoli a lavorare in condizioni particolari – spiega ancora Tufarelli – Partiamo con l’addestramento intorno ai 6 mesi e proseguiamo per circa due anni: per loro è un gioco, li condizioniamo da cuccioli a cercare tra le macerie accendendo macchinari, facendogli sentire scoppi, colpi, tonfi, insomma, tutti i rumori che sentirebbero sul sito di una tragedia. In questo modo si abituano, anche se una volta arrivati veramente sul posto percepiscono chiaramente le nostre endorfine, sentono che siamo stressati, che stiamo cercando persone. Ed è lì che si vede il rapporto tra cane e conduttore, sul campo: per noi è dura, abbiamo trovato soltanto corpi senza vita».