Addio in Germania alle otto ore di lavoro, ma i tedeschi non si sentono ancora pronti

I lavoratori tedeschi, che possono dedicarsi a hobby, famiglia, sport e riposo una volta svolte le loro canoniche otto ore in ufficio, potrebbero presto dire addio a questo stile di vita “obsoleto”.

Il Rapporto dei “saggi”

Il presidente dei cinque consiglieri economici del governo, Christoph Schmidt, ha spiegato che “ormai l’idea che la giornata lavorativa inizi la mattina in ufficio e si concluda con l’abbandono pomeridiano dell’azienda, è obsoleta”.

In un mondo in cui il digitale si è imposto in modo massiccio, “le aziende hanno bisogno della certezza che non infrangono la legge se un impiegato partecipa di sera a una conferenza telefonica e se a colazione legge le mail”. E nel rapporto presentato all’inizio di novembre, i “cinque saggi” hanno dunque suggerito di cancellare i limiti giornalieri – al momento sono otto ore, massimo dieci, con obbligo di recupero del riposo nel semestre – e lasciare soltanto il tetto settimanale di 48 ore. Quanto agli industriali, da tempo chiedono un limite settimanale e non giornaliero.

Lo scetticismo dei sindacati

La necessità di una maggiore flessibilità non convince i sindacati tedeschi, che ritengono che la motivazione dietro la richiesta di cancellare le otto ore lavorative sia solo un pretesto per allungare la giornata lavorativa. Senza contare che molti lavoratori si fermano già in ufficio oltre i limiti di orario. A questo proposito il presidente della Dgb, Reiner Hoffmann, ha attaccato Schmidt, accusandolo di “negare la realtà, se crede che in Germania prevalga il modello nove-cinque”: i tempi sono cambiati e per molti lavori vale già una deroga perenne alle otto ore, argomentano i rappresentanti dei lavoratori. Abolire il limite giornaliero significherebbe soltanto legittimare abusi.

La rivoluzione? “Non deve spaventare”

Orari flessibili, digitalizzazione, robotizzazione: il mondo del lavoro così come lo conosciamo sembra avere le ore contate. Ma per Clemens Fuest, direttore dell’Ifo di Monaco, non bisogna temere i grandi cambiamenti: “Nella storia economica ci sono sempre state rivoluzioni tecnologiche, in cui molte attività sono diventate obsolete e altre sono nate. Nel 1900 il 38% dei lavoratori tedeschi era impiegato nell’agricoltura. Oggi sono il 2%, nel frattempo sono nati moltissimi posti di lavoro in ambiti nuovi. Non c’è nessun motivo per credere che stavolta sarà diverso.