Chi si aspettava una flat tax del cambiamento resterà deluso

Giovanni Tria (D), ministro dell'Economia, e Matteo Salvini (S), vicepremier e ministro dell'Interno, durante il ricevimento in occasione dell'avvio della Presidenza Romena del Consiglio dell'Unione Europea, Ambasciata della Romania, Roma, 13 febbraio 2019. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

Chi si aspettava una riforma del sistema tributario, una semplificazione degli adempimenti fiscali, uno snellimento del rapporto Contribuente – Fisco, una maggiore certezza del diritto, un alleggerimento della pressione fiscale distribuita in maniera equa, sarà sicuramente rimasto deluso dalla legge di bilancio 2019.

Nulla di tutto ciò è previsto.

Quello che preme sottolineare però, è la mancanza di equità nella norma relativa alla c.d. flat tax rivolta agli imprenditori e ai professionisti individuali. Non è una novità, la norma già esisteva. È stata solo ampliata la platea dei destinatari aumentando la soglia dei ricavi e dei compensi.

In sostanza con la legge di bilancio si è consentito ad alcuni imprenditori e professionisti individuali con compensi/ricavi non superiori a euro 65 mila di poter pagare un’imposta piatta del 15% sostituendola alle più onerose imposte previste dalle leggi tributarie (imposta sul reddito, addizionali regionali e comunali, Irap).

Prima della recente modifica, le soglie della flat tax erano più basse e variavano a seconda delle attività svolte (dai 30 mila euro di compensi per i professionisti ai 50 mila euro dei commercianti). Con la nuova legge la soglia è arrivata a 65 mila euro per tutte le categorie.

Risulta evidente che con questo allargamento della platea dei beneficiari vengono calpestati, ancor di più, i principi previsti nell’articolo 53 della nostra Costituzione secondo cui “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

La nostra Costituzione, dunque, prevede che le imposte debbano essere pagate da ciascuno di noi in base alle proprie possibilità economiche e che aumentano al crescere del reddito. Tali principi richiamano gli articoli 2 e 3 della Costituzione relativi alla salvaguardia del principio solidarista e di eguaglianza di tutti i cittadini dello Stato Italiano.

Posto quanto sopra, non si capisce allora perché la capacità contributiva (possibilità economica) di chi aderisce al regime forfettario debba essere calcolata in maniera diversa (non progressiva) rispetto a chi, a parità di reddito (per esempio i pensionati e i lavoratori dipendenti) resteranno esclusi dalla flat tax?

Un’ulteriore conseguenza negativa dell’estensione della flat tax si avrà dagli effetti (negativi) che la norma creerà in termini di concorrenza sleale a quei professionisti e imprenditori che non rientrano in questo regime.

È abbastanza semplice comprendere che se paghi meno imposte puoi permetterti sconti maggiori nei confronti dei tuoi clienti rispetto a coloro che ne pagano di più. Il vantaggio delle minori imposte da pagare sarà quindi ribaltato sulla clientela penalizzando i concorrenti (estranei al regime agevolato) e creando effettivi distorsivi nel mercato in cui si opera. Non solo.

In termini di lotta all’evasione gli effetti della flat tax causeranno un freno all’emersione dei ricavi che superano la soglia dei 65 mila euro: da un lato aumenterà il lavoro in nero facendo crescere l’evasione fiscale che già affligge il nostro Paese; dall’altro disincentiverà il contribuente a produrre maggiore ricchezza.

Si capisce, dunque, che la norma sulla flat tax inserita nella legge di bilancio beneficerà alcuni ma lascia il posto alla delusione di tutti quelli che continuano, ancora oggi, a rimanere sommersi e non ascoltati. Non è cambiato nulla.