Ma questa regola, vale sempre e in ogni caso? La certezza del diritto è solo.
Pochi mesi orsono, infatti, la stessa Cassazione, anche se con una decisione isolata, aveva stabilito che la convivenza cancella l’assegno solo nella misura in cui chi chiede (o già percepisce) il contributo dall’ex ricavi dal nuovo legame benefici di carattere economico, sotto forma di risparmio di spesa (perché divide le bollette o l’affitto con il nuovo partner) oppure di elargizioni continuative (ad esempio, il partner paga le vacanze o versa importi fissi). Alcuni Tribunali hanno invece affermato che non solo la convivenza, ma anche un semplice rapporto affettivo stabile e stabilizzato fa venire meno l’assegno.
A luglio dell’anno passato le Sezioni Unite hanno cambiato le regole: l’assegno divorzile non è più collegato al tenore di vita, ma ha la funzione (soprattutto) di compensare i sacrifici che la parte economicamente più debole ha fatto nell’interesse della famiglia; si potrebbe dunque pensare che la successiva convivenza non incida sull’assegno perché non “compensa” i sacrifici fatti durante il precedente legame matrimoniale.
Insomma è grande il fermento giurisprudenziale sul tema e grande rischia di essere anche l’incertezza per i cittadini. Certo è che chi costruisce una nuova famiglia, dovrebbe avere la coerenza di rinunciare all’assegno; coerenza però che, alle volte, chi divorzia sacrifica in nome del soddisfacimento del desiderio di rivalsa.