Himera era infatti un importante sbocco sul Mar Tirreno, ma soprattutto un avamposto tra la Sicilia ellenica e la Sicilia cartaginese. La colonia greca aveva dunque una certa importanza, ed è proprio per il suo ruolo di ‘spartiacque’ che finì per essere distrutta nelle guerre tra le due civiltà. La sua fine avvenne infatti nel 408 a.C. ad opera dell’esercito punico (in precedenza sconfitto dai greci, ma vittorioso nella vendetta). Ma sull’origine vi sono molte meno certezze. Difficilmente un luogo così fiorente, lambito dal mare e da un fiume, un fertile pianoro, era disabitato prima della fondazione della città greca. E’ probabile dunque che qui già abitassero popolazioni autoctone, quando una gens siracusana in esilio e alcuni greci (precisamente Calcidesi) provenienti da Messina – allora chiamata Zancle decisero di risiedere qui.
E’ proprio in virtù della popolazione ‘multietnica’ che Himera si sviluppò in modo leggermente diverso rispetto alle altre colonie greche. Qui ad esempio si veneravano gli dei dell’Olimpo, ma anche alcuni elementi naturalistici. Anche la lingua subì influenze molteplici. Mentre mantenne la struttura urbanistica ortogonale delle altre città elleniche, con strade parallele e perpendicolari equidistanti. A nord-est si trovavano le abitazioni, ad ovest la necropoli (rinvenuta in tempi recenti, una delle più grandi mai ritrovate in Italia, la più grande in Sicilia), mentre nella parte settentrionale si trovava l’area sacra – anche se il Tempio della Vittoria, oggi la principale struttura rimasta, rimaneva al di fuori di essa. Purtroppo Himera è stata oggetto di incuria per molti anni, non vanta perciò la magnificenza di altre testimonianze elleniche in Sicilia. Eppure le sue rovine, la necropoli, il moderno (e da poco inaugurato) museo archeologico meritano di essere visitate.