È possibile lasciare senz’acqua i condomini morosi

È possibile lasciare i condomini morosi senza acqua. Il Tribunale di Bologna ci ripensa e ammette che in caso di debito ultrasemestrale il comproprietario possa subire il distacco dal servizio centralizzato dell’acqua potabile, specificando come la nuova normativa di cui al dpcm del 29 agosto 2016, che ha previsto un quantitativo minimo da erogarsi in ogni caso a tutela degli utenti morosi (si veda ItaliaOggi Sette del 24 ottobre 2016), sia applicabile soltanto in caso di documentato stato di disagio economico-sociale. Il collegio felsineo, in sede di riesame dell’ordinanza emessa lo scorso 15 settembre 2017 (si veda ItaliaOggi Sette del 20 novembre 2017), ha quindi sposato la tesi opposta a quella del divieto di interruzione del collegamento al servizio idrico. Questo l’interessante contenuto dell’ordinanza del Tribunale di Bologna, emessa in data 14 novembre 2017, ma pubblicata soltanto lo scorso 3 aprile 2018.

Il caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Bologna

Nella specie l’amministratore di un condominio aveva chiesto e ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di una condomina morosa, avviando poi nei suoi confronti un’azione esecutiva immobiliare. Successivamente, in considerazione del fatto che nella procedura era intervenuto un istituto bancario che vantava a sua volta un credito ingente nei confronti della medesima condomina, nonché per il successivo mancato pagamento dei ratei scaduti dopo la notifica del provvedimento monitorio, il condominio aveva avviato una procedura di urgenza ex art. 700 c.p.c. perché il Tribunale autorizzasse la sospensione dei servizi centralizzati di riscaldamento e acqua nei confronti della stessa, ai sensi e per gli effetti di cui al comma 3 dell’art. 63 disp. att. c.c. Nella contumacia della condomina (nonché del conduttore, nei cui confronti il giudice aveva ritenuto di integrare il contraddittorio, quale effettivo destinatario delle conseguenze del provvedimento richiesto), il Tribunale aveva quindi concluso per il rigetto del ricorso a spese compensate. Il relativo provvedimento, come anticipato, è stato quindi reclamato dal condominio dinanzi al medesimo tribunale in composizione collegiale.

La sospensione del condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni. Già prima della riforma della disciplina del condominio del 2012, l’art. 63 disp. att. c.c. prevedeva la possibilità che l’amministratore potesse sospendere i condomini morosi dalla fruizione dei servizi comuni. Per l’applicabilità della disposizione in questione è necessario che si tratti di morosità ultrasemestrali e che i servizi comuni sui quali andare a incidere siano suscettibili di godimento separato. Rientrano in questa categoria i servizi dell’acqua e del riscaldamento.

Dal punto di vista operativo risulta però difficile eseguire il distacco dei predetti servizi, a causa della conformazione tecnica degli impianti. In questi casi, infatti, per interrompere la fornitura occorre agire sulla diramazione che dall’impianto comune muove verso la singola unità immobiliare. Tuttavia, se è agevole intervenire su di essa allorché si trovi in uno spazio comune, diventa impossibile operare ove la stessa si trovi all’interno di un’area di proprietà esclusiva, necessitando in questi casi della collaborazione del condomino moroso. Poiché in ipotesi del genere l’unico modo per interrompere il servizio comune è quello di entrare nella proprietà privata, è invalso nella pratica il ricorso al rimedio cautelare di cui all’art. 700 c.p.c., come nel caso sottoposto al Tribunale di Bologna, per chiedere un’autorizzazione giudiziale a entrare nell’unità immobiliare, anche contro la volontà del proprietario e con l’eventuale ausilio della forza pubblica, allo scopo di operare la sospensione della fornitura. Tuttavia questa soluzione, oltre all’allungamento dei tempi e all’aumento dei costi, non garantisce nemmeno il risultato. L’erogazione di acqua e gas, infatti, è strettamente legata ai fabbisogni della vita quotidiana e, quindi, la sua interruzione può incidere negativamente sul diritto alla salute, diritto costituzionalmente tutelato, del condomino moroso e dei familiari con lui conviventi. Di qui le numerose pronunce di merito che, nel valutare volta per volta gli opposti interessi in gioco, hanno respinto i ricorsi d’urgenza presentati dagli amministratori condominiali. Sulla questione, per esempio, si sono pronunciati negativamente il Tribunale di Milano (ordinanza del 24 ottobre 2013) e il Tribunale di Brescia (ordinanza del 29 settembre 2014). Più di recente, al contrario, il tribunale di Roma (ordinanza del 27 giugno 2014), nuovamente quello di Brescia (ordinanze del 17 febbraio e del 21 maggio 2014), nonché quello di Alessandria (ordinanza del 17 luglio 2015), hanno ordinato a dei condomini morosi di fare entrare nei propri appartamenti i tecnici dell’impresa incaricata di operare la sospensione della fornitura del riscaldamento.

Il dpcm del 29 agosto 2016 e la sua corretta applicazione. Un ostacolo in più sulla strada degli amministratori in lotta con i condomini morosi è poi rappresentato dal dpcm del 29 agosto 2016 il quale, nell’intento di disciplinare i rapporti contrattuali tra imprese erogatrici del servizio idrico e utenti finali, ha introdotto il diritto delle persone che si trovino in condizioni di disagio socio-economico a ricevere un quantitativo minimo giornaliero di acqua di almeno 50 litri (quindi, nel caso di nuclei familiari numerosi, occorrerà moltiplicare tale quantità minima per ognuno dei suoi componenti). La misura minima in questione è stata individuata con riferimento a quanto indicato in via generale dall’Organizzazione mondiale della sanità. Seppure detta normativa, per il motivo sopra ricordato, non fosse direttamente applicabile in ambito condominiale, era facile immaginare che l’individuazione per tale via di un fabbisogno minimo di acqua da garantire alle persone che versino in situazioni disagiate avrebbe dato maggiore linfa al menzionato indirizzo giurisprudenziale di merito contrario alla possibilità di sospendere il servizio di acqua e riscaldamento ai condomini morosi. Nella reclamata ordinanza del Tribunale di Bologna si era infatti provveduto a rigettare il ricorso dell’amministratore, inteso a ottenere l’autorizzazione al distacco del servizio centralizzato dell’acqua, anche sulla base della considerazione «che dei servizi essenziali ha tenuto conto anche la legislazione statale, che (…) ha stabilito che ai soggetti indigenti, seppur morosi, va comunque garantita una fornitura di 50 litri al giorno pro capite». Il riesame del predetto provvedimento da parte del collegio felsineo si è quindi incentrato sull’applicabilità del dpcm del 29 agosto 2016 alle ipotesi di morosità condominiale. I giudici hanno innanzitutto premesso come «legittimando la protrazione del comportamento inadempiente (…) si arriverebbe alla conseguenza per cui o il condominio continua a sostenere i costi dell’unità immobiliare morosa o, viceversa, dovrebbe sopportare a sua volta il distacco delle forniture da parte dell’ente erogatore». Il Tribunale di Bologna non ha quindi ritenuto pertinente in casi del genere il richiamo all’art. 32 Cost. perché «a voler diversamente opinare (…), in nome del diritto alla salute di colui che resta inadempiente finirebbe per essere leso il medesimo diritto di coloro che, viceversa, adempiono diligentemente le obbligazioni proprie e, altresì, altrui, i quali (…) potrebbero dover subire a loro volta l’interruzione del servizio somministrato». Quindi, venendo al tema dell’applicazione delle disposizioni contenute nel predetto dpcm, i giudici bolognesi hanno ritenuto che la deroga alle regole generali dell’autotutela contrattuale di cui all’art. 1460 c.c. che conseguirebbe dall’applicazione di detta normativa sarebbe in ogni caso ammissibile soltanto a fronte di concrete condizioni di indigenza in capo al moroso. Si tratta di un’eccezione che nella specie non era stata sollevata dalla condomina resistente (né dal conduttore chiamato in giudizio), peraltro rimasti contumaci in entrambe le fasi processuali, né dagli elementi in possesso del collegio poteva presumersi che questi ultimi si trovassero in una situazione di disagio economico-sociale.