Manovra economica 2020, tutte le misure: Iva, sconti per le carte, meno sgravi su sanità e casa (non sui mutui)

Stop all’aumento dell’Iva

La prima notizia è che l’Iva non aumenterà. La manovra fiscale 2020 che il nuovo governo giallo-rosso sta approntando parte da questo presupposto: la sterilizzazione dell’aumento dell’Iva – costo: 23 miliardi di euro – imposto dalle «clausole di salvaguardia» siglate con l’Unione europea. E’ stato lo stesso premier, Giuseppe Conte, ad annunciarlo nella convulsa giornata di lunedì: « Abbiamo sterilizzato l’aumento dell’Iva, ma non ci accontentiamo. Vogliamo ridurre il cuneo fiscale, abbassare le tasse e le aliquote dell’Iva. Abbiamo impostato parte di queste riforme, ma non possiamo fare tutto il primo anno», ha spiegato.

Manovra da 30 miliardi (e bonus spread)

La manovra 2020 vale circa 30 miliardi, e al di là del congelamento dell’Iva prevede fondi limitati (6-7 miliardi) per il taglio del cuneo fiscale, il salario minimo, il piano famiglia. Un approccio molto più prudente, rispetto a quello di pochi mesi fa.«Una manovra ambiziosa, ma che deve fare i conti con un’eredità impegnativa anche per le ripercussioni che hanno avuto sulla finanza pubblica stagioni più tumultuose del quadro politico e dei rapporti con l’Europa», aggiunge il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che si appresta a chiudere alla Ue uno “sconto” da oltre 14 miliardi sul deficit previsto, e che quantifica in «6 miliardi solo nel 2020 la minor spesa dovuta al calo dello spread». Metà dei 29 miliardi della manovra 2020 deriva dall’aumento del deficit dall’1,4 al 2,2%, l’altra metà da tagli di spesa e nuove entrate. Tra queste ci sono ben 7 miliardi di maggior gettito dalla lotta all’evasione, in gran parte con gli incentivi ai pagamenti elettronici. Una cifra molto alta, ma per il governo realistica (Conte spera di recuperare una cifra ben più alta, pari a 12,5 miliardi di euro).

Carte con lo sconto: cos’è il «cash back»

Dalla lotta all’evasione fiscale il governo punta a recuperare 7 miliardi di euro. E questo obiettivo, più che ambizioso, dovrebbe essere raggiunto in buona parte con gli incentivi ai pagamenti tracciabili, come carte di credito e bancomat. È qui che entra il meccanismo del «cash back», riveduto dopo lo scontro sull’Iva delle ultime ore. Chi paga in moneta elettronica si vedrà restituire un pezzo dell’Iva direttamente nell’estratto conto: l’aliquota al 4% potrebbe scendere fino all’1, quella al 10% fino al 7%. 

Carte e pagamenti: il «superbonus della Befana»

Ci potrebbe essere anche il superbonus della Befana, fino a 500 euro di rimborso per alcuni pagamenti tracciabili per alcune voci a rischio nero, come i ristoranti. Il cash back, però, ha perso un pezzo, e cioè l’aumento di un punto di Iva per chi preferisce i contanti. Questo rende la misura molto più rischiosa dal punto di vista dei conti pubblici. Nel medio periodo potrebbe emergere un pezzo di evasione. Ma è tutto da vedere. In realtà 5 dei 7 miliardi stimati come gettito dalla lotta all’evasione sarebbero dovuti arrivare dall’aumento dell’Iva per i pagamenti in contanti. Adesso si spera che vangano tutti dall’emersione del nero. Una vera e propria scommessa.

Da dove arrivano i soldi

Per recuperare risorse si contano 2 miliardi di tagli alla spesa, 1,8 dalla riduzione delle agevolazioni fiscali dannose per l’ambiente, altri 2 miliardi da altre misure fiscali, come la proroga dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione di terreni e partecipazioni. Oltre al blocco dell’Iva, per cui servono 23 miliardi, ci saranno il taglio del cuneo fiscale per 2,5 miliardi (5 nel 2021), la proroga delle agevolazioni «Industria 4.0», investimenti verdi (50 miliardi in 15 anni), un «Family Act» per le famiglie. Altre risorse potrebbero venire dai “collegati” alla manovra, tra cui rispunta pure la riforma del catasto. La manovra spingerà la crescita del 2020 (dallo 0,4 allo 0,6%), ma rinvia “sine die” l’equilibrio di bilancio finora previsto al 2022. Anche il debito scenderà meno rapidamente, e lo stesso governo ammette che la regola Ue sul debito non sarebbe rispettata «in nessuna delle sue configurazioni».

Meno sgravi su sanità e casa a chi guadagna di più

Tra le varie misure si fa strada una tassa per disincentivare l’uso della plastica; 1,5 miliardi di tagli e rinvii di spesa; una somma simile dovrebbe arrivare da riduzioni progressive degli sgravi fiscali ai redditi più alti, con una soglia fissata a 100 mila euro: sarebbero coinvolte tutte le detrazioni, anche su spese sanitarie e ristrutturazioni edilizie, non i tassi sui mutui.

Quota 100, ecco come cambia

Resta il taglio del cuneo fiscale, cioè la riduzione di tasse e contributi sul lavoro pensata per far salire la busta paga netta dei dipendenti. L’intervento, previsto dal programma di governo, riguarderà solo chi ha un reddito sotto i 26 mila euro lordi l’anno. Ma per mancanza di fondi si partirà a scartamento ridotto. Nel 2020 ci sono sul piatto solo 2,7 miliardi di euro e per questo il taglio in busta paga scatterà solo a partire da luglio. Fino ad allora non cambierà nulla. L’anno prossimo, quindi, cadrebbe anche l’ipotesi del pagamento del bonus in un’unica soluzione, che si sarebbe dovuto fare proprio a luglio. L’effetto sarà spalmato mese per mese. Discorso diverso nel 2021 quando, se non ci saranno cambiamenti, lo stanziamento raddoppierà per arrivare a 5,4 miliardi di euro. Il taglio sarà effettivo per tutti i dodici mesi dell’anno. E si potrebbe procedere al pagamento in una soluzione unica, sempre a luglio. Nel documento non si parla di interventi su Quota 100. Difficile una stretta vera e propria, che finirebbe per diventare un assist per Matteo Salvini. Ma si studiano disincentivi che possano far aumentare i risparmi come, ad esempio, il divieto assoluto di cumulo con altri redditi.

Contratti pubblici, il giallo dei 4 miliardi

Servirebbero 4 miliardi di euro. Ma nel documento approvato lunedì dal consiglio dei ministri non ce n’è traccia. Il rinnovo del contratto per i 3 milioni di dipendenti pubblici, scaduto a dicembre, è già tema di confronto e di scontro tra governo e sindacati. Anche perché, solo per gli insegnanti, il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti si è spinto a promettere un aumento di 100 euro al mese. Dal ministero della Pubblica amministrazione assicurano che i soldi ci saranno, verranno inseriti nel disegno di legge di Bilancio. E arriveranno dalla spending review, la revisione della spesa pubblica, e dalla riduzione dei sussidi dannosi per l’ambiente. Ma nel documento approvato ieri dal consiglio dei ministri, che prepara la strada per la Legge di Bilancio, quei soldi vengono destinati ad altre spese. È vero che c’è ancora tempo per intervenire. Ci saranno 23 i provvedimenti che viaggeranno in parallelo alla manovra. Non solo il decreto fiscale e quello per il taglio del cuneo. Ma anche quelli per la revisione del superticket, per il riordino dei giochi, e per le autonomie.

L’Iva con lo sconto sulle carte: lo scontro e il compromesso

Una colonna portante nell’impianto proposto dal Tesoro doveva essere proprio l’Iva. Chi paga con carte (di credito o bancomat) potrebbe avere un lieve sconto sull’aliquota, chi usa il contante invece avrebbe dovuto subire un aggravio. Doveva essere strutturato così un primo incentivo per rendere l’Italia un po’ più simile al resto d’Europa: agli ultimi dati in Italia si fanno 56 pagamenti a testa all’anno con bancomat e carte di credito o debito, il terzultimo dato più basso dell’Unione dopo Germania e Grecia. Roberto Gualtieri, il ministro dell’Economia del Pd, aveva stime secondo cui da quella misura sull’Iva potevano venire 5 miliardi di gettito in più. Proprio sull’Iva è esploso però il primo vero conflitto fra Italia viva e Pd, che lascia un vuoto notevole nelle coperture necessarie a far tornare i conti. Nell’immediato l’aumento di gettito da 5 miliardi non doveva venire infatti tanto dall’emersione del sommerso ma, in gran parte, dall’aliquota Iva più alta a carico di chi paga in contanti: non sono solo gli evasori, ma spesso tante persone dei ceti meno abbienti (mentre i ceti medio-alti godono degli più degli sconti Iva, poiché usano le carte bancarie più spesso). Alla fine il compromesso: il premio a chi paga con carta resta, ma salta la penalità per chi paga in contanti e con essa anche gran parte di quei 5 miliardi.