“Tagliare i fondi per gli immigrati”, ecco il primo obiettivo di Salvini da vicepremier

Per il suo primo discorso da quasi ministro Matteo Salvini torna al Nord, su fino a Sondrio in Valtellina. «Volevo essere nella mia terra, tra le mie montagne, nella mia Lombardia anche se il mio impegno da ministro sarà quello di garantire la sicurezza a 60 milioni di italiani».

La microscopica piazza Teresina Tua Quadrio quasi esplode gremita da cinquecento persone che fanno il coro «Matteo, Matteo, Matteo». In arrivo da Roma Matteo Salvini ha ancora la camicia bianca di ordinanza ma il leader della Lega parla già da ministro. Una volta invocava le ruspe adesso può fare molto di più come promette: «Ho già parlato con il ministro dell’Economia. Gli ho detto che bisogna prestare attenzione ai 5 miliardi di euro che spendiamo per mantenere gli immigrati. Mi sembrano un po’ troppi, ci vuole una bella sforbiciata». Il ragazzo col pizzetto nella folla annuisce convinto: «La prima cosa che deve fare da ministro è difendere i nostri confini». Non lo dice, ma si capisce chi per lui sarebbero gli «invasori».

Dal palco mentre ripartono i cori il ministro dell’Interno batte la mano a pugno sul cuore. È la sua prima uscita in attesa di giurare questo pomeriggio al Quirinale. Qui a Sondrio c’è ancora tempo per fare l’elenco dei desideri di governo: «Sogno un Paese con qualche tassa in meno e molta sicurezza in più. Basta ad uno Stato che porta via agli artigiani il 70% di quello che guadagnano. Voglio la chiusura di tutti i contenziosi sulle cartelle elettorali. Ci sarà un ministro per i disabili troppo spesso dimenticati in questo Paese. Voglio un Paese in cui la mamma si chiama mamma e il papà, papà. Basta genitori 1 e 2, basta fritti misti».

Applausi dalla piazza che a momenti si commuove quando Matteo Salvini si commuove. «Ho preso la tessera della Lega nel 1990 quando avevo 17 anni e le braghe corte. Odiavo l’ingiustizia. La Lega mi sembrava composta da gente onesta. Ma mai nella mia vita avrei mai pensato di fare il segretario e poi il ministro. Ci vuole coraggio. Oggi sto togliendo tempo ai miei figli ma spero di restituirgli qualcosa». I toni si rifanno duri. Il ministro dell’Interno della Lega ha idee precise e assai radicali: «Basta sconti di pena per assassini pedofili e stupratori. Uno che mette le mani addosso a in bambino o a una donna non deve più uscire di galera». Dirlo in una piazza amica è facile. Trasformarlo in legge è tutt’altro. Matteo Salvini lo sa: «Piano piano, non si fanno miracoli in una settimana. Ma noi siamo gente di buona volontà, pulita e onesta. E da ministro vi prometto che non andrò solo in ufficio, ma starò di più nelle piazze e tra la gente. Questa è la mia idea di sicurezza».

Qui e in Europa, si capisce. I venti che arrivano da Bruxelles soffiano forte. Le frasi ingiuriose del Presidente Jean Claude-Juncker scuotono il neoministro: «Italiani corrotti e fannulloni? Parole vergognose e razziste. Vedremo di far rispettare i diritti e la dignità di 60 milioni di Italiani. Noi non saremo il governo che va in Europa col cappello in mano». Che questo governo abbia avuto un parto tormentato lo sanno tutti. Poco spazio ai protagonisti di questi giorni. Non una parola su Di Maio, un ringraziamento a Giorgia Meloni per non aver chiesto niente e una rivelazione su Silvio Berlusconi: «Oggi l’ho sentito tre volte. E io cercherò di trasformare in atti di governo tutto il programma del centrodestra». A chiedergli se la coalizione non si è piegata dopo il veto del presidente Mattarella su Paolo Savona, Matteo Salvini rilancia: «Caso mai abbiamo raddoppiato con Paolo Savona e Giovanni Tria».

Sono oramai le 11 di sera, la piazza preme per fare quasi un’ora di selfie ma il ministro non molla prima di aver fatto un augurio per sè e per tutti: «Questa piazza me la ricorderò per tanto tempo. È un buon punto di partenza per fare il ministro. So che commetterò degli errori ma cercherò di farne il meno possibile. Vi chiedo di essermi vicino perchè da soli non andiamo da nessuna parte. Che il buon Dio ce la mandi buona».